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I dettagli del pellegrinaggio giubilare diocesano del 30 aprile 2025 nella Lettera Pastorale del Vescovo Mons. Antonio De Luca (ultima parte)

Pellegrini nella storia per vivere la rinascita sinodale

L’Anno di grazia del Signore, secondo l’espressione adottata da Isaia per indicare il Giubileo, è definitivamente realizzato in Cristo. Nel Vangelo secondo Luca, Gesù è il liberatore e il redentore, colui che porta a compimento e concretizza tutte le promesse: in lui le istanze giubilari si illuminano di una nuova luce. Nella tradizione cristiana, l’anno giubilare conserva la valenza della prescrizione normativa, ma si carica della dimensione profetica tra il già dell’incarnazione di Cristo e della missione della Chiesa nel mondo e il non ancora dell’incontro ultimo con il Risorto alla fine dei tempi, quando ritornerà per il giudizio sull’amore (cfr. Mt 25, 31-46). Nel fra-tempo della storia, la comunità cristiana vive incarnata nel tempo e nelle situazioni concrete affinché i valori veicolati dall’anno giubilare siano realizzati ad intra, come è descritto da Luca nel libro degli Atti degli Apostoli, quando fotografa la situazione reale-ideale delle prime comunità (cfr. At 2, 42- 47). Tale situazione richiama l’attenzione su un dato essenziale: è compito della Chiesa innescare un dinamismo di riconciliazione e di comunione, soprattutto riconoscendo che tale dimensione è dono di Dio che è Amore e relazione. All’interno della comunità ecclesiale occorre ritessere relazioni e riscoprire il senso più autentico della koinonia, come abbiamo imparato a fare in questi anni del cammino sinodale anche nella nostra comunità diocesana. Restiamo in cammino come Gesù dopo aver annunciato il compimento della profezia di Isaia ed aver dialogato con i suoi interlocutori: «Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino» (Lc 4,30). Le istanze giubilari impegnano la Chiesa ad extra perché sa vivere al suo interno la funzione di coerenza del perdono dei peccati e del condono dei debiti. Solo con la testimonianza di una vita tesa alla comunione e alla riconciliazione nella giustizia, la nostra Chiesa di Teggiano-Policastro può farsi ponte di equità sociale, strumento di pace, segno di fraternità. La carica utopica ed ideale del Giubileo, quindi, ci impegna a facilitare già nei nostri contesti il riscatto dei più deboli, la liberazione dei carcerati e degli oppressi, il condono dei debiti, l’accoglienza degli immigrati.

Quest’impegno nasce dal modo con il quale le nostre comunità parrocchiali si esercitano sempre di più ad essere fedeli alla Parola di Dio, in particolare al comando del Signore a perseguire l’unità nella diversità. È un’azione armonica quella che vede la vita della comunità insieme con l’opera di Cristo a favore della costruzione di una comunità umana più giusta, in pace, aperta alle sfide nuove del cambiamento, sostenuta da azioni concrete di riconciliazione e che viva nella costante tensione sociale dell’inclusione. Il punto di riferimento deve essere la sana inquietudine di vivere l’ideale della comunione con le situazioni reali, grazie alla sfida della sinodalità, come insegna Luca:

La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno (At 4, 32-35).

Questa situazione descritta dall’evangelista Luca mostra una prospettiva tra reale e ideale e, in un certo modo, può caratterizzare oggi anche la fase profetica del nostro cammino sinodale, come testimonianza ulteriore di coerenza rispetto al desiderio del Signore:

«Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano uno, come noi» (Gv 17,11).

Le nostre Chiese, sottolinea Francesco nella Bolla di indizione del prossimo Giubileo, «in questi anni sono chiamate a intensificare l’impegno sinodale». È una ulteriore spinta a vivere nello spirito della comunione ecclesiale l’occasione dei 1700 anni dalla celebrazione del primo grande Concilio ecumenico di Nicea. Quest’orizzonte rende ancora più esplicita la sinodalità perché esprime in modo ancora più pregnante l’immagine del pellegrinaggio, in quanto il senso di questo cammino insieme è precisamente quello che Gesù ha comandato quando si è presentato come porta per il suo gregge, egli unico buon/bel Pastore. Le icone del “pellegrinaggio” e della “porta” restano i due punti di riferimento di ogni Anno giubilare. In modo più specifico, Papa Francesco, in tale prospettiva, ribadisce che il pellegrinaggio verso il Giubileo potrà rafforzare ed esprimere il comune cammino che la Chiesa è chiamata a compiere per essere sempre più e sempre meglio segno e strumento di unità nell’armonia delle diversità. Sarà importante aiutare a riscoprire le esigenze della chiamata universale alla partecipazione responsabile, nella valorizzazione dei carismi e dei ministeri che lo Spirito Santo non cessa mai di elargire per la costruzione dell’unica Chiesa. La vita della prima comunità, tratteggiata nel libro degli Atti, offre la possibilità di comprendere la sana tensione che corre tra l’armonia spirituale/prossimale tra le persone e la koinonia dei beni e dei talenti diversi. Solo nel costante esercizio di vivere le differenze in comunità sarà possibile anche accogliere la sfida di una vitalizzazione più ampia della convivialità sul piano delle relazioni tra le nostre comunità umane fino a quelle tra gli stati e i popoli. Nello spirito del Giubileo, occorre pensare alla prossimità come processo ordinario di matanoia, sotto la guida dello Spirito Santo. La Chiesa di Teggiano- Policastro è chiamata a lavorare con impegno e dedizione nei vari settori della pastorale ordinaria per aiutare la crescita di un progetto di fraternità universale secondo la logica della “convivialità delle differenze”, come già intravedeva Ivan Illich e che don Tonino Bello aveva rilanciato nella formulazione di una pedagogia della mondialità. Nella comunità ecclesiale della prima ora si fotografa una situazione in continuo divenire, una ricerca per realizzare la chiamata all’armonia dell’unità. Questa situazione più che essere una realizzazione perfetta è invece una chiamata alla consapevolezza della koinonia che si edifica a partire dall’incontro con il Risorto ed è un impegno costante da parte comunità ecclesiale, chiamata ad essere per la società segno di contraddizione e di testimonianza dell’Amore trinitario. La convivialità di beni e di talenti, espressa in carismi e ministeri, rende la comunità plurale non omogenea e tale condizione facilita l’eliminazione delle barriere relazionali, sostiene i processi di perequazione, fa scomparire le disuguaglianze, perché «nessuno infatti era tra loro bisognoso» (At 15, 4). La legislazione deuteronomistica con la sua forte istanza umanitaria nella logica esodale si concretizza nella vita di comunione costantemente ricercata nella comunità delle origini e nella Chiesa di oggi. Profetica è la dimensione della koinonia, alla luce degli appelli giubilari, ma nel senso di traguardo da raggiungere sempre senza mai dimenticare l’impegno ininterrotto e quotidiano che ogni battezzato deve dare alla comunità ecclesiale come testimonianza al mondo. La fase profetica del cammino sinodale interseca la celebrazione dell’Anno giubilare con le sue istanze religiose e le valenze sociali, come ho finora sottolineato. Un’occasione di grande respiro, ma anche di fondamentale responsabilità. Il pellegrinaggio giubilare si intreccia con il cammino sinodale in Italia e con il Sinodo dei Vescovi sulla sinodalità. Francesco richiama l’attenzione su questo felice intreccio e ribadisce la necessità di continuare sulla strada intrapresa dal momento che l’Anno giubilare potrà essere un’opportunità importante per dare concretezza a questa forma sinodale, che la comunità cristiana avverte oggi come espressione sempre più necessaria per meglio corrispondere all’urgenza dell’evangelizzazione: tutti i battezzati, ognuno con il proprio carisma e ministero, corresponsabili affinché molteplici segni di speranza testimonino la presenza di Dio nel mondo La fase sapienziale del cammino sinodale, vissuta nella Diocesi di Teggiano-Policastro, è stata caratterizzata anzitutto dalla rilettura di quanto emerso negli anni precedenti ponendoci nella dimensione della discepolanza del cuore, come fece l’apostolo amato quando pose il suo capo sul petto del Maestro, per poi inoltrarci nella dimensione più vera del discepolato con l’icona dei discepoli di Emmaus, nella logica dell’autenticità della sequela e giungere infine al discernimento ecclesiale nella dimensione dell’operatività orante, sotto l’azione dello Spirito Santo. Tale dinamica parte dalla proposta di Cristo, Parola di Amore incarnata nella carne umana per continuare a tenere cantieri aperti, ma alzando lo sguardo verso il cielo. In vista della fase profetica del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, sulla base delle indicazioni prossime che a breve arriveranno, propongo alcuni elementi emersi finora per sensibilizzare la nostra Chiesa ad una consapevolezza ancora più forte della strada che ci attende. Alla luce del cammino vissuto, raccogliendo quanto emerso dai tavoli sinodali di discernimento attivati a diversi livelli con la partecipazione di laici, delle persone di vita consacrata e dei presbiteri, desidero condividere alcuni punti operativi:

– il “cambiamento” non deve avvenire sull’onda dell’entusiasmo, ma deve essere frutto di un approfondito e sano discernimento orante che porti scelte significative e operative nello spirito di comunione. La finalità è quella di rinnovare la vita ecclesiale piuttosto che incentivare cambiamenti fittizi, senza una conversione pastorale radicale, ovvero inversione di marcia, metanoia in senso evangelico, co-me ho più volte ribadito. Il cambiamento di mentalità riguarda prima di tutto le comunità parrocchiali dei nostri piccoli e dei grandi centri abitativi. I nuovi contesti umani sono gli autentici “territori” di evangelizzazione, perché si rende necessaria una rigenerazione missionaria della cura pastorale;

– è emersa chiaramente la presa di coscienza della necessità di cambiare mentalità e modalità di approccio e di incontro: essere empatici, calandosi nella condizione dei fratelli, soprattutto di coloro che impropriamente si continuano a definire “lontani”. Un primo passo necessario è stato individuato nel cambiamento di prospettiva. La riscoperta della natura di battezzati in Cristo o, meglio, dell’identità di “discepoli- missionari” ha permesso di comprendere la necessità di passare dall’imporre e dal giudicare, al proporre uno stile di vita fatto di accoglienza, di testimonianza nei luoghi del quotidiano, vivendo con coerenza e responsabilità la proposta evangelica;

– se la testimonianza e il servizio dei laici sono fondamentali, per il loro “essere nel mondo”, sono altrettanto importanti la testimonianza, la coerenza e l’accompagnamento dei presbiteri: la collaborazione e la condivisione di iniziative tra presbiteri e parrocchie è la via individuata a livello diocesano per sostenere la fraternità e superare situazioni di chiusura e, talvolta, di inerzia e lentezza. Resiste purtroppo a tutti i livelli l’individualismo a discapito della fraternità e della comunione;

– l’incontro rappresenta il momento essenziale della relazione umana. L’incontro facilita il contatto, le relazioni, lo scambio di opinioni. Apre alla conoscenza. Se invece di essere fortuito o casuale, l’incontro è occasione di approfondimento, di cura, allora riusciamo ad entrare in un orizzonte relazionale che ha bisogno di continuo sostegno e motivazione. Ciò significa prendersi cura dell’altra persona, di altre persone;

– al di là degli strumenti, che debbono essere necessariamente al passo con i tempi, si avverte l’esigenza di un linguaggio semplice, diretto e destrutturato, che sia coinvolgente, motivante, conciso, non cattedratico, capace di attirare l’interesse e la partecipazione. Il mondo digitale ha un ruolo fondamentale, non è un semplice mezzo di comunicazione, ma è diventato luogo possibile di incontri, dove milioni, se non miliardi di volti si avvicinano, gli sguardi rinnovano il bisogno di attesa e di condivisione, le parole scambiate offrono una speranza aperta al futuro. Per questo è richiesta una maggiore attenzione e preparazione a quanti sono impegnati nell’evangelizzazione e nell’educazione;

– la formazione è ritenuta di fondamentale importanza e, soprattutto, va intesa come permanente e integrale. La formazione umana e spirituale permette di esercitare l’ascolto, l’accoglienza, la gratuità, la carità. I singoli e le comunità, però, non debbono essere solo formati ma altresì educati. Educare è più di dotare la persona di saperi e competenze. L’impegno educativo e formativo ha bisogno di nuove idee, di nuovo slancio, specifici obiettivi e coraggio di compiere scelte innovative e, a volte, controcorrente, ma soprattutto ha bisogno di progettazione a lungo termine che tenga conto dei tempi;

– la corresponsabilità nella Chiesa è corresponsabilità nell’annuncio del Vangelo e deve tendere a creare comunione e quindi alla sinodalità. Una Chiesa in uscita non può realizzarsi senza l’apporto di ciascuno. Ognuno è portatore di un carisma e i carismi vanno riconosciuti, valorizzati e posti al servizio della comunità cristiana e del mondo, senza dimenticare che anche le azioni più apparentemente umane sono ispirate, guidate e sostenute dallo Spirito Santo.

Partendo dalla constatazione che stiamo vivendo un’epoca di profonda crisi culturale e spirituale, bisogna prendere atto che la fede è il valore più a rischio in “un mondo che sembra essere diventato impermeabile alla dimensione religiosa della vita”. Questo contesto di crisi deve essere affrontato da una Chiesa capace di essere profetica, capace di ripensarsi, capace di rivedere i propri rapporti interni, i propri ministeri, che si sburocratizza, che si ripensa in chiave missionaria. Il prossimo anno (2024-2025), infatti, la Chiesa italiana sarà impegnata sul fronte della fase profetica del Cammino sinodale e sarà scandita da due assemblee nazionali: la prima dal 15 al 17 novembre 2024 e la seconda dal 30 marzo al 4 aprile 2025. Il sogno di una Chiesa sempre in sinodo guarda all’evento assembleare nazionale durante la celebrazione del Giubileo. Un con-venire del cammino sinodale per aiutare le Chiese italiane a orientare le scelte su radicali opzioni evangeliche, da consegnare alle comunità per il prossimo quinquennio (2025-2030).

Su questo itinerario, la comunità diocesana vuole impegnarsi sempre di più per il bene comune nella gioia e nella pace con i fratelli. In un tempo in cui le vicende quotidiane e globali sembrano soffocare il futuro, questo evento di grazia, con il suo invito alla conversione, al perdono, alla fraternità e alla carità, diventa un messaggio di rinnovata speranza e spalanca le porte ad un futuro carico di attese. Come indicato da Papa Francesco nella Bolla Spes non confundit, anche la nostra Chiesa di Teggiano- Policastro vivrà la Celebrazione diocesana di apertura del Giubileo: sabato 28 dicembre 2024, nella Concattedrale di Policastro Bussentino, e domenica 29 dicembre 2024, nella Cattedrale di Teggiano. La Chiesa diocesana vivrà il pellegrinaggio giubilare diocesano il 30 aprile 2025. Come pellegrini di speranza siamo chiamati a fare esperienza di profonda spiritualità in modo da incentivare un processo di rinnovamento per tutta la nostra comunità, in cammino alla luce della speranza, unita nella fede e nel servizio di Dio. La partecipazione corale delle parrocchie, delle Istituzioni civili e educative, delle scuole, delle associazioni, dei comitati festi e delle confraternite, manifesta la volontà di camminare insieme, evidenziando il comune desiderio e il fattivo impegno per la costruzione di una società più giusta, pacifica e solidale. Gli aspetti tecnici e organizzativi del pellegrinaggio, inclusi i dettagli logistici e operativi, saranno comunicati nel mese di gennaio 2025. La tappa del 30 aprile sarà preceduta da tre livelli di preparazione:

nel mese di gennaio 2025, ogni parrocchia o più parrocchie dello stesso comune, organizzerà una speciale tappa di catechesi e di incontri per una settimana sul tema della speranza, del giubileo e del cammino sinodale. La presente Lettera pastorale rappresenti il punto di partenza per meditare sugli aspetti centrali di preparazione al Giubileo e può ispirare l’organigramma di appuntamenti. Ogni parroco condivida al vicario foraneo il programma e le date;

nel mese di febbraio 2025, in ogni forania, si programmi un appuntamento foraniale per mettere in luce le esigenze di comunione e di spiritualità sinodale e giubilare. Ogni vicario foraneo informi il Vicario Generale sulle modalità e la data di questo appuntamento;

nel mese di marzo 2025 avrà luogo una marcia e la successiva celebrazione comunitaria del sacramento della penitenza e riconciliazione.Con il Consiglio Presbiterale rifletteremosul luogo e la modalità organizzativa.

Il pellegrinaggio del 30 aprile, quindi, sarà caratterizzato da tre momenti particolarmente significativi:

– al mattino parteciperemo all’Udienza Generale con il Santo Padre, occasione per viverela comunione con il successore di Pietro eascoltare il suo messaggio di speranza;

– successivamente, come pellegrini di speranza, attraverseremo la Porta Santa della Basilica di San Pietro, un gesto simbolico che invita ciascuno a riscoprire la chiamata alla conversione e alla riconciliazione;

– il momento centrale della giornata sarà la Celebrazione Eucaristica all’Altare della Cattedra nella Basilica di San Pietro, per rinnovarela nostra fede, in questo luogo tanto carico disignificato per la cristianità.

Carissime sorelle e carissimi fratelli della Chiesa di Teggiano-Policastro,

siamo chiamati a continuare il nostro pellegrinaggio nello spirito giubilare affinché la rinnovata rinascita, auspicata da Papa Francesco,possa beneficiare del contributo di ciascuna persona battezzata e delle comunità intere, così da vivere intensamente questo cammino giubilare e sinodale sulla strada della speranza che non delude! In questo anno di preparazione, siamo stati invitati a pregare e meditare con il Padre nostro. Questa preghiera a noi consegnata da Gesù punta all’essenziale della relazione con Dio e con il prossimo. Essa è il programma di vita di ogni discepolo. Gesù propone le invocazioni del Padre nostro in coerenza con la tradizione ebraica e diventano per noi suoi discepoli punti di progettualità esistenziali, che possano delinearsi in un vero programma di formazione attraverso una scuola stabile di ispirazione biblica. Una scuola della preghiera, frutto dello spirito sinodale e dell’Anno giubilare, con lo scopo di animare la pastorale ordinaria. Nel nostro cammino, con l’ascolto della Parola di Dio meditata, studiata, pregata e predicata abbiamo pure la responsabilità della formazione permanente dei catechisti e degli altri operatori pastorali. In questa prospettiva, sento il dovere di consolidare approfondimenti nell’ambito della catechesi ed iniziative formative rivolte agli altri operatori pastorali per accompagnare in modo fruttuoso e responsabile la celebrazione dei sacramenti e, in particolare in quest’Anno di Grazia, curare particolarmente il sacramento della penitenza e della riconciliazione. Curare la dimensione sacramentale significa alimentare la speranza dell’Amore, affinché la fede rimanga salda nella parola del Risorto, con la testimonianza della carità che è Dio nelle nostre opere di promozione umana e di difesa della dignità della persona.

Conserviamo e alimentiamo la speranza!

Restiamo saldi nelle promesse del Signore risorto, porta della speranza, pastore del gregge, mediatore di salvezza. Con la Preghiera del Giubileo di Papa Francesco, prepariamoci a vivere la grazia giubilare con queste parole:

Padre che sei nei cieli, la fede che ci hai donato nel tuo figlio Gesù Cristo, nostro fratello, e la fiamma di carità effusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo, ridestino in noi, la beata speranza per l’avvento del tuo Regno. La tua grazia ci trasformi in coltivatori operosi dei semi evangelici che lievitino l’umanità e il cosmo, nell’attesa fiduciosa dei cieli nuovi e della terra nuova, quando vinte le potenze del Male, si manifesterà per sempre la tua gloria. La grazia del Giubileo ravvivi in noi Pellegrini di Speranza, l’anelito verso i beni celesti e riversi sul mondo intero la gioia e la pace del nostro Redentore. A te Dio benedetto in eterno sia lode e gloria nei secoli. Amen.

MONS. ANTONIO DE LUCA

VESCOVO DI TEGGIANO POLICASTRO

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