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“Lourdes ti cambia dentro”: il racconto del viaggio da volontaria dell’Unitalsi

di Giusi Gallotto

Lourdes ti cambia dentro. La Signora ti accoglie in un grande e profondo abbraccio che ti accompagna per sempre. Ogni visita lascia un segno, un’emozione diversa, una storia da raccontare. Descrivere cosa si vive e si sente è difficile, forse impossibile. Si respirano una sacralità, una compostezza e un silenzio che non sono indotti ma spontanei e naturali. Come lo scorrere del fiume, tacito e silente. Tutto è fermo in movimento, al suo posto, in una perfezione che può essere solo divina.

La grotta è il luogo di ritrovo di donne e uomini, bambine e bambini, che non smettono di credere, ognuno con una storia di umanità e sofferenza. Gli occhi parlano, non servono parole. Gli sguardi si incontrano e sono eloquenti e intensi. Sanno descrivere stati d’animo e sensazioni anche tra sconosciuti che diventano sinceramente solidali e vicini. I sorrisi degli ammalati sono lezioni di vita; tutto si relativizza in un ordine di priorità che si rinnova e cambia. Si ritrova se stessi, si rinasce, si migliora. Ogni viaggio a Lourdes è un piccolo miracolo.

Andarci come volontario Unitalsi è un’esperienza unica. L’associazione da più di 150 anni si impegna ad organizzare e assistere, durante i pellegrinaggi, persone e famiglie con disabilità, malate, anziane o bisognose di aiuto. Anche il Vallo di Diano ha la sua sottosezione di Padula, che il 14 aprile, insieme alle sezioni campana e romano-laziale, ha accompagnato pellegrini disabili in un lungo viaggio in treno verso Lourdes. Per me è stata la prima volta. L’associazione è una comunità: in poche ore si costruiscono e consolidano rapporti umani, si fa squadra, ci si confida. Il tempo e lo spazio sembrano dimensioni inesistenti, è come conoscersi da una vita.

Si condividono momenti intimi e intensi, si lavora, si dorme poco; eppure la stanchezza non ferma e placa la voglia di sentirsi utili, di regalare un sorriso, una carezza, un sollievo a chi è stato più sfortunato di noi. È un dare e avere reciproci; gli ammalati sono maestri di vita, l’assistenza fisica diventa nulla rispetto ai loro insegnamenti. Si prega insieme, si spera insieme.

Si ride e si piange. La Mamma di Lourdes è sempre lì: veglia, osserva, ascolta. La solidarietà diventa azione, il pellegrinaggio è un’esperienza di carità. È sostegno, vicinanza che continua anche dopo, nel lavoro quotidiano dei volontari che dedicano tempo ed energie a chi ha bisogno di aiuto. Raccontare e fare testimonianza è un dovere. Sostenere un auspicio. Condividere un arricchimento interiore. In questi tempi difficili, in cui tutto sembra scontato e non importante, sorreggersi a vicenda nella solidarietà e nella preghiera significa rinascere e far rinascere. E nessuno nel suo piccolo deve e può sentirsi escluso: “basta poco, che ce vo’”.

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