di Angela D’Alto
Erano i primi anni ’90 e un Jovanotti in pieno boom di popolarità cantava ‘sono un ragazzo fortunato’. Una canzone allegra, che racconta la storia di un ventiseienne un po’ casinista, ancora irrisolto e irrequieto, ma fortunato perché alla fine della giornata, c’è lei ad aspettarlo. ‘E quando viene sera e tornerò da te, è andata com’è andata la fortuna é di incontrarti ancora’.
Il linguaggio semplice, persino un po’ involuto, i pensieri elementari, l’allegria ingenua, i pantaloni da paninaro, il bomber e gli strascichi dei lustrini degli sfavillanti anni ’80 appena trascorsi rendevano tutto credibile, persino il sentirsi fortunati mentre si cantava in bagno con la spazzola che fungeva da microfono, ascoltando le cassette rigorosamente Mixed by Erry:
A distanza di trenta anni esatti, sul social network TikTok spopola la ‘Sindrome della ragazza fortunata’, o Lucky Girl Syndrome. È in tendenza da alcuni giorni, ed è diventata virale da quando una delle tante influencer ha iniziato a pubblicare contenuti, con tanto di hastag, per spiegare nientemeno che bisogna convincersi che le cose andranno bene per farle andare davvero bene.

Una banalità, certo, ma piena di insidie che forse nemmeno vediamo. Evoluzione di più antiche teorie analoghe, la sindrome della ragazza fortunata è estremamente semplice: richiede di ripetersi più volte al giorno frasi come ‘va sempre tutto bene’, ‘la mia vita sarà bellissima’, ‘mi va sempre tutto bene’ e via dicendo. Se una volta c’erano gli psicologi, ora sono i ‘mental coach’, titolo che evidentemente si acquisisce alla famosa Univi, o università della vita, a spiegarci che bisogna esercitare il pensiero positivo, contro la negatività quotidiana a cui è sottoposta la mente e la psiche di ognuno. Una innocua follia, pensano i più ottimisti.
Una enorme bestialità, i più realisti. E però, probabilmente è necessario scavare un po’ oltre l’ennesimo trend social, e riflettere su come la fortuna, la felicità e il successo siano diventati una vera e propria ossessione. La necessità di essere positivi, allegri, fortunati, in una parola, vincenti, è diventata davvero una sindrome, e come tutte le sindromi , è patologica e tossica.
Perché prefigura un mondo di forzati dell’ottimismo, del successo, della gioia a tutti i costi; perché sentimenti naturali come il dolore, la malinconia, la noia, diventano uno stigma sociale. Bisogna mostrarsi felici e contenti, sempre. Non importa cosa accade intorno a noi, e persino dentro di noi. Perché dentro di noi deve esserci sempre una vocina, fastidiosa e querula, che ci ricorda quanto siamo forti e vincenti, e che tutto ciò che desideriamo, se lo vogliamo davvero, accadrà.
Ma, come è ovvio, non accadrà. Ed ecco che i rischi di questa assurda teoria diventano drammatici: ci si sentirà colpevoli di qualsiasi fallimento o insuccesso, incapaci di vivere e gestire sentimenti come la paura, il dolore, la tristezza. Una positività tossica, che non prevede fragilità , che non contempla errori , che non accetta l’umanità , col suo carico di dubbi e incertezze.

Sono lontani i tempi in cui un inconsapevole Jovanotti cantava una canzonetta orecchiabile e leggera, senza la pretesa di diventare un motivatore, o il padre italiano della corrente hip hop della new age. Nel frattempo, qualcosa è andato storto, e la condanna alla felicità eterna minaccia sempre di più una generazione che ha il diritto di sbagliare, di sentirsi sconfitta, di provare dolore e persino di annoiarsi. Ci sarà tempo . Per la felicità ci sarà tempo. E per la fortuna anche. Speriamo.
Angela sei grande sai sempre guardare oltre e mettere in evidenza le due facce della medaglia.