L’Italia sta attraversando una trasformazione demografica senza precedenti. Negli ultimi vent’anni il Paese ha visto partire quasi 3,644 milioni di espatriati, di cui oltre 826mila sono rientrati. Il saldo testimonia però una costante emorragia di popolazione residente all’estero, che conta oggi 6,412 milioni di persone. Tra questi, circa 12 milioni vivono fuori dai confini nazionali.

La fotografia più preoccupante emerge dall’analisi dei flussi per fasce d’età. Se tra i maggiorenni il numero si avvicina a 50mila partenze annue, sono soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni a guidare questa migrazione, con numeri che seguono l’andamento della crisi economica del 2008. Secondo le stime di monsignor Pierpalo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes, la mobilità degli italiani si concentra negli ultimi vent’anni in un vero e proprio bilancio della mobilità.
Le ragioni di un esodo contemporaneo
In 630 pagine il volume traccia un bilancio completo della mobilità degli italiani attraverso dati dettagliati sui flussi migratori e sulla presenza dei connazionali all’estero. Il fenomeno si è concentrato particolarmente su dodici frequenze migratrici che hanno portato i nostri connazionali all’estero, ospitati principalmente su aree frequentate negli ultimi tre anni. L’analisi rivela dinamiche non legate alla geografia del ritorno, che raggiunge una profondità di scavo fino a 23 aree di emigrazione dal Sudamerica alla Danimarca.
Le cause sono molteplici. Non solo la notoria tendenza alla disinformazione che porta a interpretazioni errate della prima e della seconda ondata migratoria, ma anche la mancanza di riconoscimento dei percorsi perduti e dei progetti di vita. Il rapporto distingue la mobilità degli italiani in quattro fasi temporali: dal boom economico del 2006 al 2010, passando per l’accelerazione della crisi nel 2011-2014, fino all’impennata definitiva dell’ultimo biennio 2023-2024. Nell’ultimo anno gli spostamenti hanno registrato un aumento di 4,2mila unità con un saldo complessivo che tocca le 103mila unità, segnando un record negativo mai raggiunto prima.
Squilibri profondi e mancanza di risposte efficaci
La lettura della Fondazione Migrantes rifiuta interpretazioni semplicistiche che etichettano il fenomeno come fuga di cervelli o semplice attrazione verso opportunità internazionali. La risposta strutturale rimane sistemica e riguarda il Paese nella sua totalità. Non si tratta solo di spiriti avventurosi o ricerca di opportunità professionali, ma di squilibri profondi nel tessuto territoriale e strutturale del Paese. Le partenze sono sintomo di un sistema educativo, produttivo e sociale che non ha saputo trattenere le proprie risorse umane, dietro ogni provincia e regione che ha fallito nel costruire una politica pubblica funzionale per gli emigrati.


