Di Giuseppe Geppino D’Amico

Un’intervista non programmata ma non per questo meno gradita rispetto alle precedenti. Si può sintetizzare così l’incontro con Alejandro Marmo, l’artista italo-argentino che ha lasciato il segno per la sua arte sociale anche in Vaticano, dove è approdato nel 2014 su invito di Papa Francesco, che lo aveva visto crescere nel barrio della capitale argentina.
Arrivato qualche giorno fa a Roma per una serie di incontri, Alejandro Marmo non ha saputo resistere al desiderio di tornare, sia pure per un giorno, a San Rufo, il paese che diede i natali a suo padre, emigrato in Argentina agli inizi degli anni ’60.
Una semplice telefonata durante il viaggio da Roma a San Rufo è bastata per stabilire l’incontro e realizzare la video-intervista che proponiamo.
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Proprio i Giardini Vaticani ospitano due sue opere in ferro battuto, la Madonna di Luján, patrona e protettrice dell’Argentina, e il Cristo Obrero. L’artista è presente anche nel Vallo di Diano: il Comune di San Rufo e l’ospedale Luigi Curto di Polla ospitano L’Abrazo (il cui disegno è inciso nella copertina del libro “La mia idea di arte”, in cui Papa Francesco commenta undici capolavori, tra cui proprio le due opere esposte nei Giardini Vaticani).
Al Club Napoli di Sala Consilina, inoltre, l’artista ha fatto dono di una statua – sempre in ferro battuto – che riproduce il volto di Diego Armando Maradona. Nella capitale, Marmo è stato prima in Vaticano e poi all’Università “La Sapienza” di Roma, dove ha incontrato la Magnifica Rettrice Antonella Polimeni, in quanto anche l’Ateneo della capitale ospiterà L’Abrazo (un altro esemplare negli anni scorsi è stato collocato all’aeroporto di Fiumicino, all’ingresso riservato ai voli internazionali).
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Nato a Buenos Aires il 19 febbraio 1971, fin da piccolo Alejandro inizia a creare opere utilizzando i materiali della ferramenta del padre e, a venticinque anni, organizza la sua prima mostra. Da quel momento comincia una collaborazione con gallerie e università di tutto il mondo, soprattutto in Italia, Austria e Giappone, sviluppando l’idea di “Arte sociale”, per promuovere l’incontro tra culture diverse e il coinvolgimento di persone disagiate.
Dal 2001, nel pieno della dura crisi argentina, inizia a collaborare strettamente con l’allora Cardinale Jorge Mario Bergoglio, operando tra gli operai delle fabbriche chiuse e le famiglie indigenti. Papa Francesco, anche nella sua attività pastorale in Argentina, ha sempre messo i poveri al primo posto. Nacque così la collaborazione e l’amicizia con lo scultore Alejandro Marmo, per un’arte degli scarti che testimoniasse la bellezza della Creazione nella società consumistica.Il Pontefice, in occasione della posa delle due opere nei Giardini Vaticani, così si espresse: “Queste immagini sono il segno della creatività capace di trarre anche dallo scarto di merce abbandonata un degno uso. Sono un segno: fino a quando il Figlio dell’uomo verrà, nulla è perduto, nulla viene scartato, tutto ha un significato all’interno della magnifica opera di Dio”.

Oggi Alejandro Marmo è un artista di rilievo internazionale, grazie alle sue opere realizzate con materiali di scarto – pezzi di metallo, lattine usate, lucchetti, catene, resti arrugginiti di biciclette, ingranaggi e qualsiasi altro materiale abbandonato. “Dallo scarto alla bellezza”: il percorso delle sue opere d’arte è una testimonianza dell’impegno dedicato da Papa Francesco alla “cultura dello scarto”, un tema ripreso da Leone XIV nella sua prima esortazione apostolica “Dilexi Te”. In essa si sottolinea come nei poveri si rifletta “la sofferenza degli innocenti”. Il Papa denuncia “l’economia che uccide, la mancanza di equità, le violenze contro le donne, la malnutrizione e l’emergenza educativa” e invita a far sentire “una voce che denunci”, perché “le strutture d’ingiustizia vanno distrutte con la forza del bene”, in un’epoca in cui ancora persiste – “a volte ben mascherata” – una cultura dello scarto che “tollera con indifferenza che milioni di persone muoiano di fame o vivano in condizioni indegne dell’essere umano”. Proprio da materiali di riciclo, tra cui catene e cancelli abbandonati da più di 80 anni nelle ville papali di Castel Gandolfo, hanno preso forma il Cristo Operaio e la Vergine di Luján.


Con le stesse modalità delle opere esposte in Vaticano, Alejandro Marmo ha realizzato altre sculture in Argentina (come l’iconica Evita Perón) e in Italia.

Detto del “Diego Iluminado” di Sala Consilina, nel maggio scorso, presso il TH Carpegna Palace di Roma, l’artista ha presentato un’opera dedicata a Raffaella Carrà.
Intitolata “Raffaella Carrà Iluminada”, sempre in ferro e dotata di un’aura luminosa, l’artista così la descrive: “Raffaella Illuminata è l’emozione dell’Italia che ha viaggiato con la luce di un’anima unica per lasciare al mondo un’icona italiana”.
Ma la Carrà è soltanto una delle tante emozioni che Alejandro Marmo riesce a creare con le sue opere.