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Addio al giudice Michele Morello, l’uomo che assolse Enzo Tortora: era originario di Teggiano

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Il giudice Michele Morello (foto da Il Mattino)

Lutto nel mondo della magistratura per la scomparsa di Michele Morello, il giudice che assolse Enzo Tortora. Morello, originario di Teggiano, si è spento a 93 anni nella sua casa del Vomero. È stato padre di Tullio Morello, anch’egli magistrato e attuale componente del Consiglio Superiore della Magistratura. La sua è stata una lunga e brillante carriera professionale: dopo la laurea in giurisprudenza e l’uditorato, indossò la toga di pretore, poi di giudice del Tribunale di Napoli, fino a entrare nella Corte d’Appello e, da procuratore aggiunto, nella Procura Circondariale, dove coordinò numerose indagini — tra cui quella sui maltrattamenti ai detenuti nel carcere di Secondigliano a metà degli anni ’90. Concluse la sua carriera come procuratore generale a Campobasso.

L’avvocato Raffaele Della Valle

Alla notizia della scomparsa, l’avvocato Raffaele Della Valle, storico difensore di Enzo Tortora in tutti i gradi di giudizio, ha dichiarato: “Leggo commosso della perdita di un grande Uomo, di un coraggioso Magistrato e di un Insigne Giurista. Sono vicino ai familiari ai quali esprimo le mie sentite condoglianze. Indelebile nel mio cuore resterà il suo ricordo”.

Della Valle è stato più volte ospite nel Vallo di Diano, invitato dal Rotary Club Sala Consilina e dalla Camera Penale, per parlare della vicenda Tortora. Il presentatore televisivo era stato arrestato nel giugno 1983 con l’accusa di associazione camorristica e traffico di droga: accuse poi giudicate infondate in appello e in Cassazione. L’assoluzione con formula piena, il 15 settembre 1986, rivelò l’inconsistenza delle accuse basate su testimonianze non credibili. Quella vicenda, che lasciò ferite profonde nella vita di Tortora, suscitò un ampio dibattito pubblico e politico. Il conduttore si spense poco dopo aver ricevuto la sentenza definitiva di assoluzione. Prima che i giudici entrassero in Camera di Consiglio, Tortora pronunciò parole destinate a restare nella storia: “Io sono innocente, io spero, dal profondo del cuore, che lo siate anche voi”. Condannato in primo grado a dieci anni di reclusione, fu poi assolto in appello, e la sentenza fu confermata dalla Corte di cassazione.

Del caso Tortora si è tornato a parlare anche di recente, nel Vallo di Diano, proprio grazie all’avvocato Della Valle, che nel marzo 2024 è stato ospite della Camera Penale di Lagonegro per presentare il suo libro intervista con il giornalista Francesco Kostner, dal titolo “Quando l’Italia perse la faccia. L’orrore giudiziario che travolse Enzo Tortora”.

Durante l’incontro, Della Valle affermò: “Nel ricordare il mio Maestro Alfredo De Marsico nella sua città io mi commuovo. Se avessi la sua eloquenza avrei un’arma fondamentale ma non ce l’ho. Della vicenda Tortora parlo non per sentito dire ma per aver vissuto gli eventi in presa diretta.

Nel processo di primo grado furono tutti responsabili: magistrati — i pubblici ministeri furono definiti dalla stampa e non solo i ‘Maradona della Giustizia’ — ma anche avvocati e giornalisti: sembravano tanti picadores impegnati in una corrida. Noi non siamo contro la magistratura, perché nel libro facciamo nomi e cognomi dei personaggi e degli interpreti della vicenda. Le giustificazioni per quanto accaduto sono inammissibili per travisamento dei fatti. Siamo in presenza di un orrore e non di un errore giudiziario”.

Infine, accennò alla vicenda Palamara, chiedendosi “È lui il responsabile di tutto?”, per poi concludere con una riflessione che sintetizza il suo pensiero: “Gli avvocati devono avere rispetto dei magistrati ma non devono chinare la testa”.

Per dovere di cronaca, riportiamo un passo dell’articolo di Stefano Bargellini su Il Dubbio (28 luglio 2023), dal titolo significativo “Tutti i magistrati del caso Tortora fecero carriera. Tranne il giudice che lo assolse”: “I magistrati che inquisirono e condannarono Tortora fecero tutti carriera. Nessuno subì un qualsiasi provvedimento disciplinare o vide rallentata la normale progressione professionale. Non fece carriera il consigliere Michele Morello, estensore della sentenza d’appello che assolse Tortora. Dopo la decisione alcuni colleghi gli tolsero il saluto. A lui andrebbe invece intitolata almeno un’aula della Corte d’Appello di Napoli, non solo per l’opera che ha saputo svolgere nella circostanza, ma per l’attitudine a rappresentare i tanti magistrati indipendenti, preparati e schivi ai quali sono affidate le nostre cause. Non sempre, purtroppo”.

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