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La Certosa e le Giornate Europee del Patrimonio: intervista con l’arch. Enrico Coiro

Di Geppino D’Amico

Grande partecipazione di pubblico sabato sera alla Certosa di San Lorenzo in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2025, appuntamento promosso in tutta Europa e coordinata in Italia dal Ministero della Cultura. Il tema di questa edizione, “Architetture: l’arte di costruire”, ha trovato nella Certosa un palcoscenico ideale, dove architettura e arte si sono fuse in un’esperienza unica. Grande interesse ha suscitato anche l’apertura straordinaria di ambienti solitamente non accessibili: la Biblioteca, il Quarto del Priore con il nuovo allestimento, la Cella n. 6 sede del Museo dei Ricordi e la Foresteria Nobile con la Cappella di Sant’Anna. La serata, organizzata in collaborazione con l’associazione Calamo – Scrivere il Futuro, si è aperta con un suggestivo percorso tra luci e ombre che ha esaltato gli elementi architettonici del complesso.

Nel Chiostro della Foresteria, l’illustratore Emanuele Sabatino ha catturato l’attenzione con un live painting a china e con la mostra Bianco e Nero, ispirata all’architettura certosina. Parallelamente, l’atmosfera si è arricchita della musica del maestro Giuseppe Giugliano, che ha eseguito alla viola brani di Bach, intrecciando le note con l’armonia dello spazio. Il pubblico si è poi spostato nella Sala del Refettorio, dove l’architetto Enrico Coiro ha dedicato un intervento a Monsignor Antonio Sacco (Autore nella prima metà del ‘900 della monumentale opera in 4 volumi “La Certosa di Padula”) , nel centenario della sua scomparsa, offrendo nuove chiavi di lettura della sua opera dedicata allo storico cenobio. Al termine della serata abbiamo intervistato il relatore.

Lei ha definito mons. Sacco “Il cantore dell’architettura”: quali i motivi?

L’ammirazione generale per i disegni con i quali Mons. Antonio Sacco ha illustrato la sua voluminosa opera sulla Certosa di Padula è pienamente giustificata: i rilievi sono infatti bellissimi e sorprendenti se si considerano i mezzi, le condizioni, le difficoltà della stampa ad incisione, il tempo occorrente per le misurazioni. I suoi disegni sono soprattutto una canzone d’amore per il monumento “Certosa di Padula” e questo mi fa ribadire quanto enunciato nel titolo: il cantore dell’architettura, anche se ho motivo di ritenere che gran parte dei suoi disegni sia andata distrutta, o per lo meno dispersa.

Cosa l’ha colpita maggiormente di mons. Sacco?

In primo luogo la completezza culturale derivante dai suoi titoli accademici: ordinato sacerdote a 25 anni, già a 26 anni era docente nel liceo-ginnasio vescovile di Alatri ed al trentesimo anno di età aveva conseguito a Napoli contemporaneamente la laurea in lettere e filosofia, come allievo di Francesco De Sanctis, ed il diploma di architettura presso l’Accademia delle Belle Arti. Con tale preparazione così variegata, ottenuta nel difficile e selettivo secolo XIX, non stupisce che a soli 31 anni fosse già docente in Vaticano ed Assistente nella Biblioteca Apostolica Pontificia.

Possiamo, quindi, considerarlo un eclettico?

La concomitanza nella stessa persona delle qualità della raffigurazione grafica e della sapienza archivistica e documentale ci consente di riconoscere in Monsignor Antonio Sacco anzitutto uno storico meticoloso, attento, critico nella certezza, onesto nel dubbio, aperto verso soluzioni diverse delineate da altri studiosi, incline alla collaborazione; ma anche di non distrarci dall’altra sua qualità di architetto, progettista, disegnatore raffinato ed esperto e, soprattutto, formidabile rilevatore nella restituzione grafico-artistica dei monumenti nel loro insieme e nei particolari. Si tratta davvero di un connubio di competenze concentrate nella stessa persona, di un eclettismo che oggi viene spesso bandito a favore di una non meglio giustificata settorialità specialistica.

In mons. Sacco ha individuato la “convergenza di tre anime”: quali?

Lo studioso ricercatore; L’architetto e Il rilevatore. Un approccio conoscitivo del “personaggio Monsignor Antonio Sacco” può essere determinato sia da memorie di quanti hanno scritto di lui, e in special modo Luigi Giliberti, curatore della stampa più famosa del Nostro, cioè “La Certosa di Padula”, ma anche e soprattutto dalla disamina del suo operato.

Quale importanza va riconosciuta a mons. Sacco nella rilevazione delle opere architettoniche ne “La Certosa di Padula?

E’ riconducibile a tre caratteristiche principali: L’essenzialità della “conoscenza esatta” del manufatto architettonico che costituisce una conditio sine qua non per poter analizzare storicamente e stilisticamente ciò di cui ci si occupa e (per inciso) dovrebbe ancora oggi essere di supporto a tutti gli architetti che si occupano di restauro: 1) La precisione dei dettagli, che spesso nel nostro autore rasenta la maniacalità del rilievo, ma che agli amanti del disegno tecnico non dispiace mai; 2) La qualità della piacevolezza del disegno, che, senza mai tradire la verità, possa narrare, anche a chi non è addentro alla grafica architettonica; 3) La meraviglia per la magnificenza dei manufatti descritti.

Il rapporto straordinario con la Certosa : si può dedicare la propria esistenza ad un monumento?

Sacco lo ha fatto, trovando a Padula la complicità di un altro sacerdote: don Arcangelo Rotunno, egualmente appassionato della Certosa. Sicuramente il corpus dei disegni, sostanzioso, variegato, oserei dire imponente, non è spiegabile altrimenti se non con la completa dedizione, anima e corpo, per decenni. Oggi una simile operazione sarebbe quasi impossibile, ed è sicuramente un tragitto (attese anche le condizioni di vita frenetica) impensabile. Eppure questo lavoro è stato portato avanti ed oggi ci propone alcuni interrogativi pressanti.Tuttavia questo rapporto straordinario tra Monsignor Sacco e la Certosa di Padula, almeno nel corpus dei disegni, deve essere valutato criticamente e collocato storicamente onde poter attribuire alle raffigurazioni il valore effettivo, senza eccedere nel facile stupore o nell’ammirazione tout-court, e può essere considerato sotto tre aspetti assai intriganti: 1) testimonianza dello stato del patrimonio all’epoca della rilevazione; 2) incongruenze sulla nomenclatura dei manufatti; 3) carenze inspiegabili nella raccolta dei rilievi.

Un’ultima domanda: mons. Sacco si rammarica della sottrazione dei documenti sottratti…

…Non poteva non esprimere rammarico. Ho motivo di ritenere che mons. Sacco sarebbe più soddisfatto nel vedere ripresa e portata avanti la continuità della sua faticosa e appassionata ricerca. Anzi, lo so per certo leggendo le sue bellissime parole: “… Comprendo che i dispersi documenti potrebbero un giorno venire alla luce, e altri potrebbe completare l’opera con onore. Credi, lettore, che io me ne adonterei? No di certo; anzi ne sarei contentissimo. Il mio intento è quello di render noto il monumento, farlo apprezzare come merita; quindi mi tornerà caro chiunque mi si unisca a collaborare in quest’opera. Ne sarò lieto come chi, oppresso sotto grave peso per lunga via, vegga venirsi incontro un uomo, il quale con volto benevolo gli dica: il peso è grave, amico; lascia che me ne accolli parte anch’io”.

Ringraziamo l’arch. Enrico Coiro per la sua testimonianza. L’auspicio di mons. Sacco merita di essere tenuto nella dovuta considerazione perché conferma un dato importante: la Certosa può offrire ancora molto al territorio. A patto che venga ulteriormente studiata e, soprattutto, preservata da certe “interpretazioni evolutive” che pure non le sono state risparmiate.

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