di Elia Rinaldi
Da anni, il rischio chiusura del punto nascita di Polla rappresenta una costante preoccupazione per il territorio, come ha affermato la sindaca di Monte San Giacomo, Angela D’Alto. Ma perché si ripresenta con regolarità questo scenario?
Le regole attuali derivano da un accordo siglato nel 2010 tra Stato e Regioni, che ha imposto una progressiva riduzione dei punti nascita. Con la legge del 2015 è stato stabilito lo standard minimo di 500 parti annui per mantenere un punto nascita operativo. Questo parametro nasce dall’esigenza di garantire ai medici un numero di casi sufficiente per consolidare esperienza e competenze, assicurando così maggiore sicurezza per le madri e i neonati.

I punti nascita di Polla e Sapri, non raggiungendo questa soglia, sono ciclicamente oggetto di valutazione da parte dei governi. Tuttavia, la Regione Campania ha concesso più volte una deroga (nel 2016, 2018 e 2023), riconoscendo la loro importanza per le aree interne, lontane da altri presidi ospedalieri, e considerando che non sono emerse criticità tali da comprometterne la sicurezza.
Oggi, però, il quadro è cambiato. Se in passato la Regione Campania ha difeso la deroga per questi punti nascita, oggi la situazione si complica. Dopo anni di commissariamento, terminato nel 2019, la Regione è ora vincolata a un piano di rientro economico. Questo significa che mantenere aperto il punto nascita di Polla – che registra circa 400 parti annui invece dei 500 richiesti – non solo implicherebbe una responsabilità diretta per l’amministrazione regionale, ma avrebbe anche ripercussioni negative sul piano di rientro stesso.

In termini pratici, lo Stato dice alla Regione: puoi scegliere di mantenere il punto nascita, ma ciò penalizzerà la sanità regionale con meno investimenti, meno assunzioni e meno servizi. È questo il vero nodo della questione e la ragione dell’allarme lanciato dai sindaci del Vallo di Diano e del Golfo di Policastro.


I primi cittadini, supportati dai consiglieri regionali della zona, hanno redatto un documento per chiedere la permanenza del punto nascita di Polla. Ma la loro richiesta va oltre: chiedono che i punti nascita siano esclusi dai parametri di valutazione del piano di rientro, per evitare che una Regione debba trovarsi a scegliere tra mantenere un servizio essenziale come l’ostetricia e investire in altri settori sanitari altrettanto cruciali.


La battaglia è bipartisan e riguarda tutti i cittadini. Non ha colore politico, perché la sanità pubblica è un diritto fondamentale. I sindaci lanciano un appello a tutte le forze parlamentari: serve una modifica normativa che garantisca ai territori interni il diritto a servizi sanitari adeguati, senza dover sacrificare la sicurezza delle madri e dei neonati.