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Con-Tatto (VIDEO) – Autonomia Differenziata, dopo il “no” al Referendum il presidente della Corte Costituzionale Amoroso “frena” le illusioni leghiste

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Ci sono argomenti dei quali si parla a lungo specialmente quando, ed è il caso della politica, sono portatori di idee e interessi diversi. Il riferimento è alla legge nazionale sull’Autonomia differenziata ed a quella regionale della Campania sul terzo mandato. Tengono banco da tempo e la settimana scorsa hanno avuto una notevole impennata. I principali protagonisti sono sempre loro, il senatore leghista Roberto Calderoli per l’Autonomia differenziata, e il Governatore della Campania, Vincenzo De Luca, per il terzo mandato. Entrambi sono fermi sulle rispettive posizioni; eppure non mancano coloro i quali la pensano diversamente.

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Dopo i pesanti rilieviche la Corte Costituzionale ha evidenziato esaminando la legge per l’Autonomia differenziata, la stessa Corte ha bocciato anche il referendum abrogativo che il Comitato per il Referendum, i partiti di opposizione, i sindacati CGIL e Uil avevano presentato per chiederne l’incostituzionalità, forti del 1.200.000 firme raccolte. A questo punto il senatore Calderoli e i presidenti leghisti della Lombardia e del Veneto, Attilio Fontana, e Luca Zaia, sono partiti lancia in resta annunciando di essere pronti a chiedere da subito al Governo nazionale l’autonomia per i settori che non richiedono i Livelli Essenziali di Prestazione. I famosi LEP.

Ma siamo sicuri che l’entusiasmo sia giustificato? Qualche dubbio c’è; forse più di qualche dubbio se si considerano le parole pronunciate dal neo eletto presidente della Corte Costituzionale, Giovanni Amoroso, nel corso del suo primo incontro con la stampa. Queste le sue parole, considerate un preciso messaggio al Parlamento e al Governo: “Occorre che il legislatore intervenga e determini i criteri per i Livelli Essenziali di Prestazione che sono il pilastro su cui si regge la legge… C’è da ricostruire la fase che è a fondamento di tutto l’impianto”.  C’è poi una ulteriore puntualizzazione: “Di quella legge è rimasto poco o nulla” dopo le rilevate incostituzionalità e i passaggi sull’errata interpretazione della Carta: “Sono complessivamente quasi quattordici i rilievi”, a fronte dei sette di cui parlano Calderoli e Zaia. Anche su questo il presidente della Consulta è stato esplicito: “Ci sono vari livelli di criticità che vanno rispettati”. Con questi presupposti, non solo bisogna fermarsi sulle materie Lep, che cioè implicano prestazioni concernenti i diritti civili e sociali “ma anche per le funzioni non Lep, bisogna giustificare quella richiesta perché corrisponda al principio di sussidiarietà”. Quindi, è il Parlamento a dover riprendere in mano le redini dell’autonomia: “La possibilità di determinare i Lep senza un intervento del legislatore non c’è. Occorre che il legislatore intervenga anche per le materie non Lep”.

Esistono poi materie come il commercio estero, o le politiche energetiche per le quali la Consulta ha stoppato il trasferimento regionale. In pratica (questa l’opinione del Presidente Amoroso), la sentenza 192 della Corte ha lasciato in piedi “solo un perno, intorno a cui va ricostruito l’edificio”.  Rispondendo, inoltre, ad una domanda relativa alla legge della Regione Campania sul terzo mandato il presidente della Suprema Corte ha sostenuto che il ricorso del Governo sarà affrontato “in primavera, non in estate”. In tal caso, ancora una volta saranno i giudici a dover decidere su tematiche, anche delicate, che la politica non è in grado di risolvere ma sui quali continua a polemizzare.

Ed è quello che avviene da tempo in casa PD i cui vertici continuano a sostenere che, prescindendo dalla decisione della Suprema Corte, Vincenzo De Luca non sarà il candidato del PD, che da tempo è alla ricerca di un’intesa con i 5Stelle e gli altri partiti della Sinistra per trovare un candidato autorevole. Dal Pd arriva, però, una novità importante e riguarda il giudizio positivo espresso solo negli ultimi tempi sull’attività svolta da De Luca nei dieci anni di guida della Regione.

Sulla possibilità di trovare un candidato comune e autorevole c’è una importante novità che arriva dai 5 Stelle che hanno sbloccato la norma interna che vietava ai propri iscritti il terzo mandato; ora è possibile purché la candidatura non riguardi lo stesso organismo in cui si è già stati eletti per due mandati consecutivi. In pratica, chi è stato parlamentare per due legislature ed è finito in tribuna può riciclarsi come candidato alla presidenza di un altro Ente. Tale decisione, ancorché interna a un singolo partito, è considerata una disposizione ad personam per sdoganare l’ex presidente della Camera di Deputati, Roberto Fico, ritenuto anche da alcune frange del PD un candidato possibile per la presidenza della Regione Campania. Questo nel caso in cui i5Stelle, che cinque anni fa avevano candidato Valeria Ciarambino finendo all’opposizione, dovessero raggiungere un accordo con il PD e gli altri partiti della Sinistra. Emblematico in tal senso lo Schlein pensiero espresso venerdì scorso a Salerno nel corso di un incontro dei Dem dal senatore Antonio Misiani, da oltre due anni Commissario regionale del PD: “Noi -ha precisato Misiani- abbiamo una posizione nazionale sulla questione del terzo mandato che è nota. Lavoriamo per l’unità, a partire dal buon lavoro fatto dal presidente De Luca e dalla giunta regionale in questi dieci anni”. Eppure, nonostante il buon lavoro svolto da De Luca, per lui non c’è posto nel progetto del PD che continua a chiedergli di fare un passo indietro ed a collaborare nella scelta del nuovo candidato.

Da parte sua il Governatore prosegue per la sua strada e tra una inaugurazione e un convegno continua a ripetere di avere fiducia nei giudici della Consulta e che, nel caso la legge per il terzo mandato dovesse essere ritenuta legittima, non esiterà a ricandidarsi potendo contare sull’appoggio del Psi e dei Renziani. Lui lo dice a tutti; nell’incontro di Salerno lo ha ripetuto a Misiani in modo chiaro il segretario provinciale dei Dem, Enzo Luciano, interprete attendibile del De Luca pensiero: “Il candidato del Pd salernitano sarà Vincenzo De Luca”. Che, da parte sua, continua a ribadire che “Il destino della Campania lo decidono i Campani e non i cacicchi di Roma”, in tal modo restituendo al mittente l’invito a desistere e anche l’appellativo di cacicco, non certo un complimento, con il quale i Dem lo hanno definito negli anni passati prima di riconoscergli, solo di recente, il buon governo della Campania. Per dirla con Pirandello, “Così è (Se vi pare)”.

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