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Mattarella a Napoli per l’80° anniversario della ribellione al nazifascismo. Ma l’ANPI lancia l’allarme: “Qualcuno vuole cancellare la storia”

Di Geppino Giuseppe D’Amico

Il 27 settembre del 1943 i Napoletani davano inizio alle “Quattro giornate di Napoli” che portarono alla liberazione della città dal nazifascismo.

Un avvenimento importantissimo: in piena guerra, dal 27 al 30 settembre del ’43, i napoletani insorsero contro i tedeschi e riuscirono da soli a liberare la città dall’occupazione.

Lo fecero combattendo per le strade utilizzando armi vere ma anche costruendo barricate con masserizie, vasche da bagno e altri oggetti che venivano gettati dai balconi e dalle finestre per sbarrare la strada alle truppe tedesche. Quando il 1° ottobre le forze alleate entrarono in Napoli la città era già stata liberata.

L’eroismo di quelle giornate valse alla città di Napoli il conferimento della medaglia d’oro al valore militare.

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Per ricordare le “quattro giornate” il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarà a Napoli per partecipare ad un convegno e ricordare “la coraggiosa insurrezione del Popolo partenopeo contro l’occupazione nazista”.

Per meglio comprendere l’importanza delle quattro giornate è sufficiente ricordare la reazione perentoria di Hitler quando apprese la notizia della rivolta: “Se non sarà sotto il nostro dominio, Napoli sarà ridotta fango e cenere!”. Fortunatamente non fu così.

In occasione del prestigioso anniversario non poteva mancare il contributo dell’ANPI (Associazione Partigiani d’Italia) e dell’Archivio di Stato di Napoli che hanno creato la piattaforma digitale, denominata “Napoli ‘43”, volta a rievocare quei giorni con documenti e testimonianze per ridare vivacità ed emozioni alle memorie.

“Napoli ’43” ha postato in digitale 900 documenti e 200 fotografie, ricette, canzoni popolari, frasi tratte da diari scritti in un periodo centrale per la storia d’Italia.

L’archivio digitale è in continuo arricchimento. Un impegno importante da parte dell’Associazione Partigiani che ha coinvolto anche le scuole impegnate dalla direzione scolastica regionale a produrre elaborati sul tema. Il rapporto, però, tra ANPI e le scuole rischia di doversi interrompere.

***

La vigilia dell’80° anniversario dello storico evento di Napoli è stata caratterizzata da una dura presa di posizione dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci a seguito della notizia in base alla quale il Ministro Giuseppe Valditara pare abbia deciso di non rinnovare l’accordo tra l’ANPI e il Ministero dell’Istruzione e del Merito, accordo in essere da circa 10 anni e che ha sempre goduto un rinnovo ogni tre anni.

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Antonio Landi

“Nel 2014 -si legge in nota diffusa dal presidente nazionale dell’Associazione, Antonio Landi– prese il via un programma apposito che aveva l’obiettivo di educare le nuove generazioni “agli ideali di democrazia, libertà, solidarietà e pluralismo culturale”.

Mentre si sta celebrando l’80° anniversario delle 4 Giornate di Napoli riteniamo doveroso ricordare a tutti che la Resistenza italiana, detta non a caso anche “Secondo Risorgimento”, fu “l’insieme di movimenti politici e militari che in Italia, dopo l’armistizio di Cassibile, e prima di tutto a Napoli, si opposero al nazifascismo nell’ambito della guerra di liberazione italiana”.

Nella Resistenza vanno individuate le origini stesse della Repubblica Italiana: l’Assemblea Costituente fu in massima parte composta da esponenti dei partiti che avevano dato vita al Comitato di Liberazione Nazionale e che, a guerra finita, scrissero la Costituzione fondandola sulla sintesi tra le rispettive tradizioni politiche e ispirandola ai princìpi della democrazia e dell’antifascismo.

Il movimento della Resistenza –inquadrabile storicamente nel più ampio fenomeno europeo della resistenza all’occupazione nazifascista– fu caratterizzato in Italia dall’impegno unitario di molteplici e talora opposti orientamenti politici (comunisti, azionisti, monarchici, socialisti, democristiani, liberali, repubblicani, anarchici), in maggioranza riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), i cui partiti componenti avrebbero più tardi costituito insieme i primi governi del dopoguerra.

“Per queste ragioni –prosegue la nota del presidente Antonio Landi-  l’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, da sempre apartitica e apolitica, chiede con forza al Ministro Valditara di poter avere accesso alle scuole, in particolar modo nell’anno di questo importante ottantesimo anniversario, per far sì che una pagina tanto nobile, che ha visto il Paese unito verso un ideale unico, malgrado le differenze dei singoli, possa essere ricordato e trasmesso alle nuove generazioni nella forma meno politicamente corrotta possibile, attenendosi ai fatti, ai tanti fatti che hanno generato numeri impressionanti ed eroi indimenticati”.

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La nota prosegue fornendo alcuni dati relativi a quel che avvenne durante la Resistenza. Secondo alcune fonti i caduti per la Resistenza italiana (in combattimento o uccisi a seguito della cattura) sarebbero stati complessivamente circa 45.000; altri 20.000 sarebbero rimasti mutilati o invalidi;i soldati regolari morti nelle formazioni che combatterono accanto agli Alleati nella Campagna d’Italia furono invece circa 3.000. 

Le donne partigiane combattenti sarebbero state 35.000, mentre 70.000 fecero parte dei Gruppi di difesa della donna; 4.653 di loro furono arrestate e torturate. 2.750 furono deportate in Germania, 2.812 fucilate o impiccate; 1.070 caddero in combattimento; 19 vennero decorate con la medaglia d’oro al valor militare.

I civili deportati dai tedeschi furono circa 40.000, di cui 7.000 ebrei i sopravvissuti furono circa il 10%; dei 2.000 deportati ebrei dal ghetto di Roma il 16 ottobre 1943 tornarono vivi solo in quindici.

Dopo l’Armistizio di Cassibile dell’8 settembre gli Italiani si trovarono a combattere, privi di direttive precise, contro la Wehrmacht sul territorio nazionale o nelle regioni occupate; morirono in circa 45.000 (esercito 34.000, marina 9.000 e aviazione 2.000): 20.000 nei combattimenti subito dopo l’armistizio, 10.000 nei Balcani, 13.400 nei trasporti via mare.

Secondo alcuni studi, furono invece circa 40.000 i militari italiani che morirono nei lager nazisti su un totale di circa 650.000 che furono internati in Germania e Polonia dopo l’8 settembree che, per la maggior parte (il 90% dei soldati e il 70% di ufficiali), rifiutarono le periodiche richieste di entrare nei reparti della RSI in cambio della liberazione.

“Di fronte a tutto questo –conclude la nota di Antonio Landi- si chiede di non cancellare la storia; si chiede di poter entrare in contatto con i giovani e per raccontare loro, quanto più obiettivamente possibile, una delle nostre pagine migliori”.

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