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Pietro Caruso vince la corsa a piedi nudi di Salvitelle: una tradizione che sfida i secoli

Le prime luci dell’alba illuminano il Monte Serra San Giacomo quando Pietro Caruso inizia la sua discesa verso la vittoria. L’atleta di Salvitelle, già campione in passato, ha conquistato nuovamente l’edizione 2025 della caratteristica corsa a piedi nudi, ma questa volta con un peso particolare nel cuore. Sulla maglietta che indossava durante la gara campeggiava il volto del padre recentemente scomparso, trasformando il trionfo sportivo in un commovente tributo alla memoria familiare.

Nel piccolo borgo della Valle del Tanagro, la tradizione continua a resistere al tempo. Cinquanta corridori hanno risposto alla chiamata di San Sebastiano Martire, il patrono che ogni anno richiama fedeli e atleti per questo appuntamento unico nel suo genere. Tutti rigorosamente scalzi, come vuole l’antica usanza.

Il percorso non perdona nessuno. Dalla vetta del Monte Serra San Giacomo fino al centro del paese, i partecipanti affrontano un tracciato accidentato fatto di pietre taglienti, sterpaglie e rovi che mettono a dura prova la resistenza fisica e mentale.

L’arrivo racconta storie di sacrificio scritte sulla pelle. Gambe e piedi sanguinanti testimoniano la durezza del percorso, ma negli occhi dei corridori brilla la soddisfazione di chi ha portato a termine qualcosa di più grande di una semplice gara. Il primo gesto, una volta raggiunta la chiesa madre, è sempre lo stesso: baciare devotamente il piede della statua del Santo Patrono, suggellando quel patto antico tra fede e tradizione.

Maria Antonietta Scelza, Sindaca di Salvitelle

Il rituale si completa con l’immersione delle ferite nelle tinozze di vino rosso locale, momento che fonde il sacro con il profano in un gesto che affonda le radici nella cultura contadina del territorio. “Questa corsa è molto più di una semplice manifestazione sportiva: è un gesto di forte identità, un simbolo che racconta chi siamo e da dove veniamo,” spiega la sindaca Maria Antonietta Scelza, orgogliosa di vedere come ogni anno la comunità riesca a trasmettere questo patrimonio culturale alle nuove generazioni.

La storia di questa singolare competizione affonda le radici nella fine del Settecento, quando i pastori locali decisero di sfidare i fucilieri francesi accampati sulla montagna. La loro arma? La velocità e l’agilità dei piedi nudi contro la pesantezza degli scarponi militari. Quella che iniziò come una beffa ai danni degli occupanti stranieri si trasformò nel tempo in una tradizione che attraversa i secoli, mantenendo intatto il suo significato di resistenza e identità territoriale.

La giornata di festa si è conclusa con la tradizionale lotta greco-romana in piazza, vinta quest’anno da Cristian Annunziata tra gli applausi di residenti e visitatori dei paesi vicini. Un momento di sport che ha preceduto i festeggiamenti finali, tra brindisi con i vini locali, piatti della tradizione e le note della musica popolare che hanno accompagnato la comunità fino a tarda sera.

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