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Preferenze o potere nel sistema elettorale – Carmine Pinto per Vallo Più

di Carmine Pinto

Un sistema elettorale non è mai neutro. Le pratiche del voto condizionano profilo dei partiti politici, gerarchie del potere, modelli di pedagogia civile. In Italia, questa relazione è evidente dalla fondazione costituzionale del paese. Nello stato liberale, i partiti notabiliari si evolsero in organizzazioni più solide: il problema era allargare progressivamente il voto a fasce nuove. Si passò dal collegio uninominale censitario al proporzionale universale maschile con preferenze, per rafforzare rappresentanza dei partiti e rapporto con la società.

Con la Repubblica un pluralismo di partiti coinvolgeva grandi masse, su posizioni ideologicamente contrapposte. Il suffragio universale avveniva con un sistema proporzionale puro e molte preferenze, per garantire accessibilità e partecipazione rispetto a partiti molto strutturati. Negli anni Novanta, si rispose alla delegittimazione mediatico-giudiziaria del sistema attraverso il collegio uninominale secco con correttivi maggioritari. Si voleva rafforzare il rapporto tra cittadini ed eletti, e il passaggio ad un sistema bipolare più stabile.

Infine, l’attuale sistema elettorale, eliminando preferenze o collegi uninominali, è conseguenza di un processo basato sulla personalizzazione mediatica del capopartito; la sostituzione di partiti partecipativi con federazioni di correnti o forze patrimoniali o gerarchico-populiste; il potere assoluto dei media nel consenso di un leader (in questa direzione va la riduzione dei parlamentari). Il modello si basa sul controllo assoluto di leader/gruppi centrali: i deputati sono selezionati con il principio di fedeltà, impedendo qualsiasi accesso dal basso o dialettica interna.

Il risultato è la fine dei partiti partecipativi, l’anonimato dei deputati rispetto ai cittadini, l’inesistente rappresentanza dei territori, il crollo della qualità dei parlamentari, l’astensione massiccia al voto. Per riformare un sistema di questo tipo, è necessaria una classe dirigente sofisticata e di alto livello, capace di equilibrare un proprio ruolo e potere con una visione generale degli interessi e della maturazione del paese. Se questo esiste, lo verificheremo nello scorcio di legislatura.

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