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Le imprese del Vallo di Diano sempre più sostenibili

di Elia Rinaldi

Un’indagine recente, condotta dal docente universitario di Economia Politica, Pasquale Persico, rivela come le aziende manifatturiere del Vallo di Diano stiano abbracciando, con diverse sfumature, i principi della sostenibilità, tracciando un percorso che, seppur con delle sfide, promette un futuro più verde e consapevole.

Pasquale Persico

La sostenibilità, da tempo al centro del dibattito economico e sociale, si conferma un fattore cruciale anche per le piccole e medie imprese. Le aziende che hanno saputo investire nella transizione ecologica e nella digitalizzazione hanno visto crescere produzione e occupazione, sia nel manifatturiero che nei servizi. Tuttavia, la strada non è priva di ostacoli. La transizione ecologica richiede una visione e una consapevolezza diffusa, oltre a politiche di supporto mirate. Le imprese si trovano di fronte a una svolta epocale, non solo nel modo di operare, ma anche nel valutare e comunicare le proprie performance, con la trasparenza sui temi ESG (Environmental, Social, Governance) che diventa una chiave d’accesso al capitale. In questo scenario, le PMI, spina dorsale dell’economia europea, necessitano di sostegno e misure specifiche per l’applicazione di principi armonizzati di rendicontazione della sostenibilità. Questi principi, infatti, garantiscono la qualità, la comprensibilità, la pertinenza, la verificabilità, la comparabilità e la fedele rappresentazione delle informazioni sui fattori ambientali, sociali, sui diritti umani e sulla governance.

È in questo contesto che emerge l’opportunità di un “milieu innovativo/creativo sostenibile”. Immaginate un ecosistema dove le imprese si supportano a vicenda, operando in un ambito territoriale più ampio, rafforzando così la loro propensione alla sostenibilità.

Per comprendere meglio questo fenomeno, la ricerca condotta dall’economista nella primavera del 2025 ha coinvolto 11 imprese manifatturiere del Vallo di Diano, operanti prevalentemente sul mercato nazionale. Con una dimensione media di circa 19 addetti e una prevalenza di manodopera maschile (80%), queste aziende mostrano un interesse crescente per la sostenibilità. Oltre il 60% di esse produce energie rinnovabili e più della metà ha investito nel risparmio energetico negli ultimi tre anni.

L’analisi SWOT (Forze, Debolezze, Opportunità, Minacce) ha evidenziato una buona conoscenza e sensibilità sul tema della sostenibilità, con investimenti nell’innovazione. Tuttavia, persistono debolezze come la discontinuità degli incentivi, la mancanza di supporto da parte del sistema bancario e delle associazioni di categoria, e la scarsità di relazioni con altre imprese innovative del territorio. Tra le opportunità spiccano la sostenibilità come fattore competitivo, la formazione di nuove figure professionali e la creazione di una rete intersettoriale di imprese “green”. Le minacce includono la mancata percezione dei vantaggi del bilancio di sostenibilità, i costi elevati e una certa sfiducia nel contesto legislativo e sociale.

Entrando nel dettaglio, l’area delle relazioni con i fornitori ha ottenuto i punteggi più alti, seguita dal sociale/welfare. Qui si riscontra un forte rapporto di fiducia e attenzione alla qualità dei prodotti e alla velocità di evasione degli ordini. Meno implementati sono invece il possesso di certificazioni di qualità, la prossimità dei fornitori e la collaborazione per lo sviluppo di prodotti innovativi. L’area ambientale, pur mostrando attenzione alla gestione dei rifiuti e alla riduzione dei consumi energetici, evidenzia carenze nella valutazione degli impatti ambientali indiretti e nell’uso di scarti esterni. Per quanto riguarda i clienti, scarseggiano l’e-commerce con mezzi a basso impatto e i servizi aggiuntivi di accoglienza, mentre trovano maggiore applicazione il recupero dei prodotti e l’uso di strumenti di dialogo. L’area governance/mission fatica nella valutazione dell’impatto aziendale e nella collaborazione a progetti di qualificazione ambientale, sebbene vi sia un buon rispetto delle normative e una partecipazione a bandi per incentivi. Infine, nell’area welfare, spiccano la flessibilità oraria e le misure di prevenzione del rischio, mentre si registrano carenze nelle convenzioni per cultura e tempo libero e per servizi all’infanzia e anziani.

In conclusione, le imprese del Tanagro mostrano una chiara propensione verso la sostenibilità. Le criticità riguardano i costi, non solo economici ma anche organizzativi, che rischiano di inibire la capacità innovativa. Gli eco-incentivi possono giocare un ruolo fondamentale, così come il supporto del sistema bancario, delle associazioni di categoria e dei consulenti. È cruciale rafforzare l’area ambientale e quella della governance, promuovendo sistemi di valutazione dell’impatto e relazioni lungo la catena del valore. L’area welfare, con investimenti non eccessivi, potrebbe essere potenziata, ad esempio, con la riduzione del divario di genere o convenzioni con enti di formazione. Per fornitori e clienti, il rafforzamento delle relazioni nella filiera produttiva, non solo commerciali ma di vera e propria collaborazione, porterebbe numerosi vantaggi. In definitiva, secondo l’indagine di Persico, lungo il fiume Tanagro, grazie alla capacità degli imprenditori di fare rete e al sostegno finanziario, potrebbe sorgere un esempio virtuoso di “milieu innovativo/creativo sostenibile”, capace di affrontare le sfide dell’Agenda 2030.

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