Di Carmine Pinto
Israele ha vinto? In Medio Oriente contano i rapporti di forza. La competizione con l’Iran coinvolge le due maggiori potenze dell’area, al centro di alleanze con Russia e Turchia, USA e Cina. Questa storia iniziò negli anni Ottanta; fino a quel momento erano alleati, lo Scià tentò una politica di liberalizzazione, a Tel Aviv dominavano i sionisti socialisti. L’alleanza saltò quando giunsero gli Ayatollah e crearono il primo regime islamico moderno. Dopo il crollo dell’Iraq di Saddam Hussein, tentarono un progetto imperiale sciita. Invece Tel Aviv, che aveva ottenuto la pace con i paesi arabi, era coinvolta in interminabili scontri con i palestinesi.
Negli anni Novanta iniziò la sfida. Teheran fondò l’Asse della Resistenza, il Cerchio di fuoco di Quasem Soleimani per stritolare Israele con Hezbollah in Libano, Hamas a Gaza, i terroristi in Irak e Yemen, l’alleanza con Assad a Damasco e Putin nel mondo. Israele aveva superiorità tecnologica, gli alleati USA, ora i paesi arabi come amici (ma tutti ben poco disposti ad usare le armi) ma il dramma palestinese di fronte; erano le sue armi nucleari a garantire i rapporti di forza. L’equilibrio reggeva, anche se l’eliminazione di Soleimani per ordine di Trump anticipò la svolta (ora è toccato al successore Esmail Qaani).
Il 7 ottobre e la drammatica escalation successiva ruppero questo schema. Hamas e Hezbollah sono sconfitti; Assad è caduto; il Libano contiene i fondamentalisti; gli Houti sono in ritirata; l’Iraq sta a guardare. Ora Israele, con l’attacco in corso, vuole cambiare i rapporti di forza per sempre: eliminando la minaccia dell’atomica e dei missili balistici iraniani, stabilirà una definitiva superiorità militare; gestendo il consenso di paesi arabi (e Libano) e il silenzio dei turchi (ora in Siria), contenti della sconfitta dell’Iran, otterrà il decisivo rispetto per il più forte. Infine, se Israele può vincere, il rischio è totale per gli Ayatollah. Teheran è al vertice della produzione petrolifera e di gas, un attacco alle raffinerie ne determinerebbe il crollo. Soprattutto è una autocrazia repressiva sul terreno di diritti, rappresentanza, libertà femminili: basa la sua legittimità sul controllo della forza interna ed esterna. Se li perde, l’opposizione potrebbe profittarne, cambiando anche la storia della regione islamica.
CARMINE PINTO