Di Giuseppe Geppino D’Amico
Uno dei primi problemi che il neonato Regno d’Italia fu chiamato ad affrontare fu quello relativo alla”Identità della Denominazione di Diversi Comuni” che avevano lo stesso nome. Il 30 giugno 1862 il Segretario Generale del Ministero dell’Interno, Vincenzo Capriolo, inviava una circolare ai Prefetti del Regno, con la quale consigliava ai Comuni che avevano lo stesso nome di deliberare una modifica o un cambiamento. Il problema interessò anche il Vallo di Diano e alcune zone limitrofe.
GUARDA IL VIDEO CON LA NUOVA PUNTATA DI CON-TATTO
Nell’elenco dei comuni che dopo l’Unità d’Italia cambiarono nome troviamo Diano che divenne Teggiano e Casalnuovo che prese il nome di Casalbuono. Tra i comuni che aggiunsero un secondo toponimo troviamo Sala Consilina, Corleto Monforte, Casaletto Spartano, Cuccaro Vetere e Celle di Bulgheria.
Completamente diversa la vicenda di un piccolo paese della provincia di Potenza, Salvia, che nel 1879 cambiò il nome in “Savoia di Lucania”, non per omonimia con altri paesi ma a seguito del tentato regicidio posto in essere da un giovane cuoco, Giovanni Passanannate. Nato a Salvia il 19 febbraio 1849 ma trasferitosi per lavoro a Salerno, smanioso di apprendere, il giovane “Salviano” non disdegna la lettura di libri e giornali che lo spingono verso le idee repubblicane e anarchiche. Il suo sogno? Una Repubblica Universale, per garantire a tutti condizioni migliori di vita e di lavoro; una pensione per i vecchi e per i disabili, un assegno per le donne incinte, il diritto allo studio. Il 17 novembre 1878, a Napoli, Giovanni Passannante segnerà i destini di Salvia. Quel giorno vende la giacca per quindici soldi e con otto soldi acquista un coltello che nasconde in una bandiera rossa. Poco dopo le due del pomeriggio, alla stazione ferroviaria arriva il nuovo re, Umberto I. Tanti napoletani lo aspettano e lo applaudono. Il cuoco lucano al grido di “Viva Orsini! Viva la Repubblica Universale” si lancia coltello in mano verso la carrozza ma riesce a ferire solo lievemente il re. Più grave la ferita alla gamba riportata dal presidente del consiglio Benedetto Cairoli seduto di fronte al re. Giovanni Passannante viene arrestato, processato e condannato a morte. La sentenza viene commutata in ergastolo nonostante il rifiuto dell’interessato che in una lettera dal carcere, datata 29 marzo 1879, scrive al re: “Vi ringrazio anticipatamente della vostra generosa grazia, ma la ricuso con cuore patriottico”. Quando il 14 febbraio 1910 muore, il corpo di Passannante viene decapitato e il cadavere sepolto nel cimitero di Montelupo Fiorentino. Il cranio e il cervello vengono esposti al Museo Altavista di Roma fino al 10 maggio 2007 quando vengono trasferiti nel paese natio per essere seppelliti nel cimitero locale. Il cambiamento del nome di Salvia in Savoia di Lucania, deciso subito dopo il tentativo di Passannante, fu ufficializzato l’anno successivo. Questo il testo del decreto firmato dal re Umberto I il 3 luglio 1879 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia del 19 agosto successivo: “Vedute le istanze fatte dal Consiglio Comunale di Salvia con deliberazioni 22 novembre 1878 e 13 maggio 1879 perché all’attuale denominazione del Comune venga sostituita quella di Savoia di Lucania; abbiamo decretato e decretiamo: “Il Comune di Salvia, nella provincia di Basilicata è autorizzato ad assumere la denominazione di Savoia di Lucania”.
Le cose andarono davvero così? Il cambio del nome è frutto di una richiesta spontanea da parte del consiglio comunale di Salvia? Sono in molti a pensarla diversamente e più di tutti l’editore e scrittore Giuseppe Galzerano, autore di un corposo volume dal titolo “Giovanni Passannante” in cui analizza la vita, l’attentato, il processo, la condanna a morte, la grazia ‘regale’ e gli anni di galera del cuoco lucano. Galzerano contesta con forza il testo del decreto. In base alla sua ricostruzione, subito dopo l’attentato il sindaco di Salvia, Giovanni Parrella, viene chiamato a Napoli per scusarsi col re di fronte al quale balbetta terrorizzato: “Io rappresento la disgraziata Salvia… ”. Il re quasi lo rincuora e lo rassicura: “Gli assassini non hanno patria”. Parrella si illude di aver messo a posto le cose, ma così non è. I rappresentanti della corona gli dicono che per ottenere il perdono per aver dato i natali all’assassino Giovanni Passannante Salvia deve cambiare nome, scegliendo non un nome qualsiasi ma Savoia di Lucania. Il sindaco ascolta e accetta senza discutere. Per Galzerano, “Punendo Salvia il re e la corte rendono ‘complice’ di Passannante un’intera collettività. Eppure il maggiore Eugenio Romano, che nella notte dell’attentato si era recato a Salvia e aveva perquisito la misera casa della madre, Maria Fiore, era stato chiaro: nella relazione scrive chiaramente che Passannante aveva appreso altrove quei principi che lo avevano indotto ad attentare alla vita del re. Romano non viene preso in considerazione e scatta la damnatio memoriae per il paese lucano, costretto a cambiare nome”.
Indubbiamente, il nuovo toponimo non è gradito ai cittadini del piccolo centro lucano che continuano a definirsi Salviani, ovvero abitanti di Salvia, di un paese inesistente dal 1879, di un paese reale reso fantasma con un decreto. Giustino Fortunato, noto meridionalista lucano, in una lettera del 15 febbraio 1913, citando l’episodio scriveva: “Io non so rassegnarmi che un così bel nome sia andato capricciosamente cancellato!”. Nemmeno i Salviani si rassegnano e auspicano il ripristino dell’antico toponimo. La battaglia per riappropriarsi dell’antico toponimo continua.
Se Salvia se la cavò con il cambio del nome, nel 1828 era andata molto peggio al comune di Bosco, nel basso Cilento. Per avere i suoi abitanti partecipato ai moti cilentani contro Francesco I di Borbone, Bosco fu bruciata e privata dello status di “comune autonomo”. Oggi è frazione di San Giovanni a Piro ed è conosciuta per avere ospitato l’artista José Ortega, pittore e scultore spagnolo costretto all’esilio dal 1960 per sfuggire al Franchismo. Si trasferì prima a Parigi, poi in Italia, in particolare a Matera e a Bosco. Qui trascorse gli ultimi vent’anni, prima di morire a Parigi nel 1990. Considerato uno dei più grandi pittori spagnoli del ‘900, ha esposto in America, Francia, Germania, Belgio, Italia e Spagna. Dal marzo del 2011 “Casa Ortega” ospita una mostra permanente dei lavori del grande artista. Recentemente il comune di San Giovanni a Piro ha acquistato altre 55 opere di Ortega che andranno ad arricchire il museo.