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Salerno, una targa in marmo per ricordare Gaetano Esposito, l’ultimo pittore romantico dell’800

Di Giuseppe Geppino D’Amico

La città di Salerno ricorda Gaetano Esposito, l’ultimo pittore romantico dell’800 Napoletano, artista di grande valore che a causa del suo carattere difficile e scontroso, non raggiunse le vette che avrebbe meritato. Per iniziativa di un gruppo di cittadini e della Società Salernitana di Storia Patria è stata ripristinata e affissa al Palazzo dell’Edilizia l’epigrafe dettata dall’ing. M. De Angelis nel 1927 per ricordare il pittore Gaetano Esposito. Nato a Salerno il 17 novembre 1858 nel quartiere delle Fornelle (lo stesso quartiere di Alfonso Gatto, famoso poeta, scrittore, pittore e critico d’arte), in una famiglia di pescatori (il padre era conosciuto come ‘Ndonio o’ niglio), fu avviato all’arte pittorica da Gaetano D’Agostino.

Allievo di Stanislao Lista, altro artista salernitano, Esposito studiò all’Accademia delle Belle Arti di Napoli insieme a Vincenzo Gemito, Vincenzo Migliaro, Vincenzo Caprile, Angelo Volpe, Giuseppe Avallone e Antonio Mancini, conquistando ben presto la considerazione dei maestri, in particolare Filippo Palizzi e Domenico Morelli. Scrive Adriano Romano in un interessante opuscolo dedicato all’artista: “Di temperamento chiuso, cupo e tormentato, non sempre seppe godere a pieno dei successi e dei riconoscimenti a lui riservati. Era affascinato dal paesaggio dei pittori dell’800, amore che gli derivò inizialmente dalla maniera verista ed era suggestionato dalla pittura olandese del ‘600. Aderì alle linee guida della Scuola di Posillipo con artisti quali Giacinto Gigante, Consalvo Carelli e Gabriele Smargiassi”.

All’inizio della sua attività Gaetano Esposito dipinse soggetti sacri e di genere; in seguito il suo spirito ardente e inquieto trovò equilibrio in una intima comunione nella natura, nel paesaggio e nel ritratto. Gli inizi napoletani non furono facili anche perché, non avendo la possibilità di sostenere le spese per uno studio proprio, veniva spesso ospitato dai colleghi. A volte spariva per lunghi periodi lasciando negli studi degli amici opere incompiute. La pittura fu per lui una ragione di vita che talora lo induceva a considerare non benevolmente l’opera di altri artisti. Faceva eccezione per Antonio Mancini che lo immortalò in un bellissimo ritratto. Esposito era solito concentrarsi sulla pittura di vedute marine, simili a quelle che erano state tradizionali per la Scuola di Posillipo. Nell’Esposizione Nazionale del 1877, a Napoli, fu presente con due opere. Partecipò anche all’esposizione di Torino del 1880 e a Roma nel 1883. Nel 1884 fu presente con diverse opere anche a Torino. All’Esposizione Universale del 1904 a Saint Louis, vinse una medaglia d’oro per una grande tela su un paesaggio marino. Nell’ultimo decennio dell’800 ottenne diverse committenze che gli consentirono di mantenere uno studio presso Palazzo Donn’Anna, immortalato in molti suoi quadri. Nello stesso periodo ebbe importanti committenze per decorare il Caffè Gambrinus a Napoli, il soffitto del Teatro Comunale Garibaldi a Santa Maria Capua Vetere (1895) e il soffitto del rinnovato Palazzo della Borsa a Napoli dove tra i 1897 e il 1898 dipinse allegorie di lavoro e di storia.

Gaetano Esposito lavorò molto dai venti ai quarant’anni perché successivamente subì una discontinuità spirituale causata da un rapporto difficile con una sua giovane modella che andò gradualmente accentuandosi fino a renderlo insofferente e inoperoso. Gaetano Esposito si tolse la vita il 7 aprile del 1911 a Sala Consilina dove da qualche tempo era ospite in casa di una sorella, Caterina, presso la quale si era trasferito in seguito a una lunga crisi depressiva. La ragione dell’insano gesto è riportata in tutte le notizie biografiche: la sua fragile psiche non riuscì a sopportare il rimorso di aver dovuto respingere e rinunciare all’amore di una bella ragazza di 18 anni, Venturina Castrignani, “una maestrina, sua modella”, che si era fortemente invaghita del pittore che, peraltro, non era insensibile al fascino della ragazza. Vista la ferma opposizione dei familiari, le condizioni economiche del pittore e la notevole differenza d’età tra i due, Venturina non resistette al dolore e nel 1910 compì l’insano gesto di troncare la sua vita gettandosi nel vuoto da un balcone di casa. Il 21 febbraio 1910 l’artista inviò una lettera all’amico fraterno Carlo Chiarandò in cui scriveva: “Sono sotto l’incubo di una grande sventura. La mia povera Venturina si è suicidata ed è morta! Vieni subito”. Tre giorni dopo, in un’altra lettera, scriveva: “La mia malinconia sempre più m’invade! L’ho presente, sempre viva e parlante. Le volevo molto bene, anche per la pietà che il suo tenero amore mi destava. Ora che non è più, è divenuta un essere sublime. Eppure io non meritavo un sì terribile castigo… La mia è una profonda ferita da dove non esce una stilla di sangue”. Devastato dal tormento di non aver assecondato la ragazza che intimamente amava, il 7 aprile aprile del 1911 decise di farla finita. Un’ultima annotazione: il fatto che molti suoi quadri finirono in abitazioni private (alcuni anche nel Vallo di Diano) non ha reso possibile la realizzazione di un catalogo completo dei suoi lavori. Il Ritratto muliebre che l’Esposito dovette eseguire verso la fine del primo decennio del Novecento, acquistato per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna nel 1934 come Ritratto della Fidanzata, deve con molta probabilità riferirsi proprio a Venturina che posa mesta e sognante per l’artista. Di Gaetano Esposito resta il ricordo di un artista tra i più interessanti del suo tempo che avrebbe occupato un posto di ancor maggiore rilievo se non avesse posto prematuramente fine alla sua vita.

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