La governance dell’Unione Europea si trova ad affrontare un delicato periodo di transizione nelle relazioni internazionali, innescato dalla nuova amministrazione statunitense. Sullo sfondo, la crisi politica in Francia e le incertezze della Germania, dove il voto federale di domenica 23 febbraio si svolge in un contesto di recessione economica. Le scelte fiscali del prossimo governo tedesco saranno cruciali per l’Europa e per l’Italia, principale concorrente della manifattura tedesca. Dopo la Brexit, Berlino ha rafforzato il suo ruolo di locomotiva economica dell’UE, contribuendo per oltre un quarto al PIL dell’Unione a 27.
La crisi dell’economia tedesca
Il 2024 segna il secondo anno consecutivo di recessione per la Germania, con un calo del PIL dello 0,2% che segue la contrazione dello 0,3% del 2023. Un fenomeno che non si verificava dai primi anni 2000. Il Fondo Monetario Internazionale prevede una modesta ripresa per il 2025 (+0,3%), ma con stime al ribasso di 0,5 punti rispetto alle previsioni di ottobre 2024. Tra il 2019 e il 2024, la Germania ha registrato la terza peggior crescita economica dell’UE (+0,4%), frenata da una politica fiscale restrittiva e dall’impatto dello shock energetico derivato dalla crisi ucraina. L’elevata dipendenza dal gas russo e il rallentamento dell’economia cinese, che rappresenta il 42,4% dell’export tedesco extra-UE, aggravano la situazione. L’industria manifatturiera soffre per il calo degli investimenti e la carenza di competenze qualificate.
Automotive in recessione
Il settore automobilistico tedesco, pilastro dell’industria europea, ha subito una flessione del 6,9% nella produzione nel 2024, peggiorando rispetto al calo medio del 2,5% registrato nell’UE. Dal 2019, con l’introduzione del Green Deal europeo, la Germania ha perso il 18,1% della produzione di autoveicoli, evidenziando una crisi strutturale del comparto.
Crollo del Made in Italy in Germania
Le esportazioni italiane verso la Germania hanno subito una contrazione del 5,0% nel 2024, mentre a livello globale sono rimaste stabili (+0,2%). Questo significa che le imprese italiane hanno perso oltre 10 milioni di euro al giorno sul mercato tedesco.
Le regioni più esposte
Il Veneto è la regione italiana con la maggiore esposizione sul mercato tedesco (6,2% del valore aggiunto regionale), seguito da Piemonte (6,1%), Emilia-Romagna (6,0%) e Trentino-Alto Adige (5,9%). Tra le province più dipendenti dall’export manifatturiero in Germania, spiccano Chieti (12,5%), Piacenza (10,8%) e Mantova (9,5%).
Il crollo dell’export di macchinari
L’Italia, primo fornitore mondiale della Germania per i macchinari industriali, ha visto un calo del 5,0% dell’export in questo settore nel 2024, con punte negative in Veneto (-10,7%) ed Emilia-Romagna (-9,2%). Perdite a doppia cifra si registrano nelle province di Reggio Emilia (-18,5%), Padova (-18,2%) e Verona (-15,9%). In controtendenza, le esportazioni sono cresciute a Monza e Brianza (+8,3%), Bologna (+5,9%) e Torino (+4,5%).
L’incertezza politica in Germania e la sua debole crescita pongono seri interrogativi sul futuro dell’economia europea. Il nuovo governo tedesco sarà chiamato a scelte decisive per invertire la rotta e sostenere la ripresa del continente.