Di Giuseppe Geppino D’Amico
Giovanni Camera e l’Argentina. Durante il suo lungo mandato parlamentare (fu deputato dal 1895 al 1923, ad eccezione del triennio 1987/1900), Giovanni Camera fu nominato per tre volte Sottosegretario alle Finanze. Eppure si occupò a lungo dei problemi dell’emigrazione. Il motivo ce lo fornisce egli stesso durante l’intervento alla Camera dei Deputati del 12 giugno del 1902. In quella occasione chiede con forza l’assunzione di nuovo personale da utilizzare soprattutto alle dogane portuali in presenza di una eccezionale corrente migratoria per le Americhe; rivela, quindi, una profonda partecipazione ad un problema che gli sta particolarmente a cuore ed esprime preoccupazione per la sorte degli emigrati avendo l’onore -afferma- di rappresentare un Collegio dove l’emigrazione avviene su larga scala e migliaia di persone fanno scemare sensibilmente i centri abitati. Questa povera gente che si allontana dalla patria ha il diritto di vedere attuato quel complesso di garanzie che il Parlamento votò negli articoli dell’ultima legge. Come si vede, già allora si parlava dello spopolamento dei piccoli centri e nei pensieri dell’on. Camera il Vallo di Diano era ben presente, dove l’emigrazione aveva interessato i due terzi della popolazione, smagrendo i comuni, che si erano ridotti ad un quarto di fronte a quel massiccio esodo. È opportuno ricordare che nel periodo tra il 1900 ed il 1914, cioè fino alla vigilia della prima guerra mondiale, dalla Campania partirono centinaia di migliaia di persone (23.642 dal Vallo di Diano), dirette in larghissima parte verso gli Stati Uniti, che sostituirono la precedente destinazione ottocentesca verso il Brasile e l’Argentina, dove, comunque, i nostri connazionali avevano già raggiunto una presenza davvero ragguardevole.

Perché questo cambio di destinazione? Perché agli inizi del secolo i rapporti tra Italia e Argentina conobbero momenti di dura polemica tanto che il governo italiano arrivò a vietare gli espatri dei nostri connazionali in Argentina. La situazione era precipitata quando l’Argentina aveva deciso di imporre alle navi italiane ispettori sanitari della sua nazionalità per cui il nostro governo, in segno di protesta, aveva deciso di sospendere l’emigrazione verso quel Paese. In questa vicenda un ruolo importantissimo fu svolto proprio dal deputato del Vallo di Diano, l’on. Giovanni Camera il quale nel 1902 presentò in un mese tre interrogazioni al Ministro della Marineria. L’attenzione prestata e l’appassionato contributo dato ad un problema nazionale come l’emigrazione, che aveva toccato molto da vicino il Meridione in generale ed il Vallo di Diano in particolare, non conobbero rallentamenti; infatti, il 10 marzo del 1913, durante la discussione in Parlamento sul problema dell’emigrazione e della relativa tutela con trattati di lavoro, l’on. Camera, intervenendo nel dibattito, suscitò vive approvazioni tanto che il ministro degli affari esteri, Marchese Di San Giuliano, elogiò pubblicamente la competenza e l’eloquenza del deputato del Vallo di Diano, il quale aveva posto in evidenza la necessità di una modifica degli istituti dell’emigrazione in maniera da dare al nostro proletariato emigrante la sicurezza di un contratto di lavoro che dia pane, e la sicurezza della esecuzione dei patti, che lo compongono, e che siano indici di benessere, di indipendenza e di dignità. Se l’eloquenza dell’on. Giovanni Camera non poteva certamente essere considerata una sorpresa avendola egli già dimostrata in tante precedenti occasioni dentro e fuori del Parlamento, la competenza del problema emigrazione era notevolmente aumentata dopo un viaggio di circa sei mesi compiuto nel 1910 per incarico del presidente del Consiglio dei Ministri in Argentina, Uruguay e Brasile. Particolarmente impegnativi erano stati i due mesi e mezzo trascorsi in Argentina dove fu ospite, tra gli altri, del pollese Giulio Stabile che gestiva nella capitale un’avviata attività commerciale e di cui aveva sposato una cugina.

In Argentina la resistenza fisica dell’uomo politico fu messa a dura prova da continui viaggi, spesso disagevoli, da Buenos Aires a Rosario, a Mendoza a Paranà, a Bahía Blanca, sorretto dalla coscienza del dovere e dal pensiero di rendere utile servizio alla comune Patria e a quella nuova Italia che nelle varie discipline del lavoro si svolge nella ospitale Argentina. Da Buenos Aires ripartì il 18 ottobre del 1910 diretto in Brasile, salutato con particolare calore dal giornale La Patria degli Italiani, che in un articolo pubblicato in quello stesso giorno espresse giudizi molto lusinghieri sulla missione politica del parlamentare italiano, tanto che il consiglio direttivo del Comitato Bonaerense della Dante Alighieri si recò a bordo del Tomaso di Savoia per manifestare al deputato italiano tutta la sua gratitudine. Così come non mancarono manifestazioni di affetto da parte dei responsabili delle Società di Mutuo Soccorso e delle Logge Massoniche. Non sembri strano questo particolare perché è opportuno ricordare che in quel periodo in Argentina erano presenti almeno una decina di Società Operaie di Mutuo Soccorso e almeno sei logge (tre nella sola capitale) a cui avevano aderito, secondo gli elenchi resi pubblici qualche anno fa dal Grande Oriente d’Italia, almeno undici conterranei del Vallo di Diano. Ma torniamo all’articolo pubblicato dal giornale La Patria degli Italiani dove si legge, tra l’altro, che “L’eminente parlamentare ha esercitato la sua attività ed il suo spirito di osservazione su quasi tutto il vasto territorio della Repubblica ….. e nel frattempo, con alto sentimento di patriottismo, ha irradiato la luce della sua calda eloquenza in due solenni orazioni commemorative qui nella Capitale e in parecchi applauditi e istruttivi discorsi nelle città dell’interno e in varii banchetti. Egli ora si reca al Brasile per completarvi i suoi studi d’ambiente e raccogliere buoni elementi di giudizio e di confronto: poi ritornerà a Roma, dove la sua parola autorevole illuminerà il Governo ed il Parlamento su taluni dei complessi problemi ch’egli ha studiato con serietà di propositi, ed alla risoluzione dei quali certo porterà il suo prezioso contingente di notizie, di dati, di osservazioni, di esame e di critica”. Nella sua analisi sul problema emigrazione, l’on. Camera si sofferma sul futuro dei figli dei nostri emigranti e sulla istruzione che bisogna loro assicurare per cui chiede al Governo italiano di istituire altri asili per togliere i nostri ragazzi dalla strada dove, imparando soltanto la lingua locale, finirebbero fatalmente per perdere la loro italianità. In pratica, Camera pone due problemi: le difficoltà di inserimento dei nostri connazionali nel tessuto sociale argentino e la necessità di fare in modo che i figli degli emigrati mantengano una identità italiana. Entrambi, però, pur affrontati con determinazione, non si presentano di facile soluzione perché il problema esiste e resiste. Indubbiamente, è innegabile che in Argentina col benessere cresce anche il livello socioculturale degli emigranti e dopo agricoltori e artigiani vi approdano architetti, ingegneri, medici ed esperti di varie scienze (in particolare botanici, fisici e matematici), artisti (musicisti, pittori e scultori) ed anche religiosi. Ne consegue che la presenza dei nostri connazionali si fa sentire maggiormente, tanto che agli inizi del ‘900 sono in molti a ritenere che la grandezza economica dell’Argentina sia soprattutto merito degli Italiani. Per quanto riguarda Giovanni Camera si può anche dire che sia stato un politico discusso ma non è stato una meteora, ma nel Parlamento italiano non è stato un peones (come si dice da qualche anno); durante la permanenza a Montecitorio non è stato tra coloro che si sono limitati a scaldare la sedia. Camera non ha trascurato il proprio collegio né ha disdegnato la pratica del tanto deprecato clientelismo (evidentemente anche agli inizi del secolo Niccolò Machiavelli aveva già dei proseliti) ma bisogna riconoscere che non ha disdegnato azioni o iniziative in grado di consentire al Vallo di Diano di migliorare le proprie condizioni di vita e di cultura (e qui vanno ricordate sia l’azione svolta per la realizzazione della ferrovia sia la determinazione da lui utilizzata in occasione dell’istituzione il 9 settembre del 1908 del Ginnasio a Sala Consilina che fu a lui intitolato ed al quale nel 1933 si aggiungerà il Liceo Classico che portò il nome del Principe di Piemonte che in seguito sarà dedicato a Marco Tullio Cicerone.
FINE