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Il “tremuoto” del 16 dicembre 1857: 11.000 morti tra Val d’Agri e Vallo di Diano (prima parte)

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Nella sera del 16 dicembre una scossa di terremoto squarciava la terra lasciando segni indelebili non soltanto nel Vallo di Diano ma anche in tutta la parte meridionale del Principato Citra e nella vicina provincia di Basilicata. In verità, il sisma interessò varie regioni: Basilicata, Molise, Campania, Puglia e Calabria. L’epicentro fu individuato dai territori di Saponara (oggi Grumento Nova), Montemurro e Viggiano. L’intensità massima venne registrata proprio a Saponara e Montemurro mentre il 10° grado fu raggiunto nei seguenti comuni: Missanello, Paterno, Sant’Angelo Le Fratte, Sarconi, Spinoso, Tito, Alianello, Atena Lucana, Brienza, Calvello, Marsico Nuovo, Polla, Tramutola e Viaggiano. Complessivamente, più di 180 paesi in un’area di oltre 20.000 chilometri quadrati subirono danni gravissimi al patrimonio edilizio e gran parte delle case divennero inagibili.

All’interno di quest’area, interi paesi e villaggi (almeno 30) sparsi su una superficie di 3.150 chilometri quadrati furono rasi al suolo. Complessivamente si contarono 3.313 case crollate e 2.786 pericolanti e inabitabili. La cifre ufficiose riferirono di 19.000 morti; diverse, per fortuna, quelle ufficiali rese note dal Giornale del Regno delle Due Sicilie in data 13 febbraio 1858:“I morti nel Principato Citeriore ascendono al numero di 1213, ed i secondi, cioè i feriti a 347, de’ quali rimangono in cura altri 18. Ben più vasta la piaga fu per la Basilicata, siccome apperisce dal seguente specchietto: 9.237 morti e 1359 feriti” . Nel LIX volume degli Annali civili del Regno delle Due Sicilie e nel voluminoso carteggio, contrassegnato dal numero 1370, “terremoto del 1857”, custodito dall’Archivio di Stato di Potenza si legge testualmente: “…I comuni di Pagani, Piaggine, Sacco, Pisciotta, Sala (Consilina), Vallo della Lucania, Maiori, Minori, Olevano sul Tusciano, Orria, Oliveto Citra, Baronissi, Buccino, Bolano, Celle, Cannalonga, Caposele, Castelluccio, San Gregorio Magno, Nocera Inferiore, Cava dei Tirreni, ebbero a soffrire tanti danni.  A Tramonti morirono due persone. I comuni di Pertosa, Atena Lucana, Auletta, Padula, San Pietro, Diano, Sassano, Montesano, S.Arsenio e Sapri ebbero a soffrire danni maggiori, dapodiché perdettero insieme seicento persone, massime in Pertosa che sola contò 150 vittime. Morte e ruine anche a Caggiano ove perirono 28 persone. Ma fra tutti i paesi il fato più miserando toccò allo sventurato comune di Polla, dove immensi furono i danni materiali, ma nulli a confronto delle sue vittime che si fecero ascendere a circa duemila sopra una popolazione di settemila abitanti”.

In realtà, a Polla le macerie restituirono 867 morti per una popolazione di 6.692 abitanti. Dall’analisi dei dati relativi all’intera area del sisma, solo due comuni ebbero un numero maggiore di vittime: Montemurro (5.000 morti 7.002 abitanti) e Saponara, dove perirono 2.000 persone su 4.010 abitanti, cioè la metà della popolazione. Altri paesi della vicina Val d’Agri fortemente colpiti: Viggiano (800 morti), Tramutola (177) e Paterno di Marsiconuovo (122). Per quanto riguarda gli altri paesi del Vallo di Diano un tributo molto alto fu quello pagato da Pertosa con 153 vittime su 1179 abitanti . Ad Atena Lucana i morti furono 55, ad Auletta 37, a Padula 32, a Caggiano 28. Andò decisamente meglio in altri paesi: a San Pietro al Tanagro i morti furono otto (uno, però, morì sotto le macerie del carcere di Polla dove si trovava ristretto), sei a Sant’Arsenio, 5 a Montesano sulla Marcellana, 3 a Sala Consilina, nessuno a Teggiano ed a San Rufo: i Sanrufesi morti furono 12 ma si trovavano reclusi nel carcere di Polla. Molti abitanti del Vallo di Diano e della Valle del Tanagro tra quelli rimasti senza casa furono inviati a Battipaglia, allora frazione di Eboli.

Anche il Giornale del Regno delle Due Sicilie, organo ufficiale della casa reale, si occupò a lungo del terremoto (a volte con toni molto enfatici per elevare al massimo il comportamento del sovrano) offrendo ai lettori un bollettino quotidiano degli avvenimenti, a cominciare dalla sottoscrizione avviata per dare i primi aiuti alle popolazioni colpite. Il 2 gennaio del 1858 il giornale scrive: “E’ incredibile l’ardenza con che la colletta dei poveri danneggiati dal tremuoto progredisce tanto nella capitale quanto nelle province”. In quindici giorni furono raccolti 12.377,49 ducati!  Sugli effetti del sisma viene evidenziato un accadimento che aveva ed ha dell’incredibile:”…secondo i rapporti che ci pervengono, aggiungiamo al già detto che, per cura del Segretario Generale dell’Intendenza di Basilicata, furono nel dì 23 (dicembre, n.d.r.) sottratte vive dalle ruine in Montemurro due donne e due fanciulle, figliuole d’una di esse, a nome Maria Atonia Palermo, dopo esservi rimaste per sette giorni”. La vita continua e così l’attività del governo che pubblica due regolamenti: uno relativo al funzionamento dei bagni penali e degli ergastoli e l’altro concernente il servizio della telegrafia elettrica nel Reali domini al di qua del Faro. Nella quarta divisione, da Eboli e Castrovillari, troviamo Sala (stazione di seconda classe) e Lagonegro (terza classe). Le nuove apparecchiature assumono subito un ruolo importante e quasi un mese dopo, l’11 gennaio1858, il giornale comunica che “da Polla l’egregio Intendente di Salerno riferisce per via telegrafica esser tanta l’attività nella costruzione delle baracche, che fra venti giorni spera poter rinviare in Napoli le tende militari colà spedite dalla carità Sovrana e nelle quali sono ricoverati quei poveretti…Registrando in queste pagine indistintamente tutti i fatti che onorano la umanità, onde che vengano, ci gode l’animo di rendere lode ad un sacerdote Belga, ad un Chirurgo ed un Capitano del Genio Parmense, di cui ci duole non conoscere i nomi, i quali essendosi condotte a visitare le miserande ruine di Polla, commossi all’aspetto della distruzione, vollero pur essi concorrere a loro potere a soccorrere i miseri sopravvissuti all’eccidio, il primo con largire vari sovvenimenti, il secondo con prender parte alla medicatura delle ferite, ed il terzo anche alla costruzione delle baracche”. In quei giorni gli ostacoli più grandi da superare furono il freddo ed il cattivo tempo. In tema di solidarietà, va segnalato che, sempre a Polla, giunsero da Napoli importanti aiuti sanitari soprattutto da parte dei Padri Ospedalieri. Che curarono i 286 feriti. Purtroppo, però, la scossa mortale del 16 dicembre non restò un fatto isolato: per mesi, infatti, i territori già drammaticamente colpiti furono interessati da un autentico sciame sismico anche se, per fortuna, le nuove scosse non provocarono vittime ma solo tantissimo panico in una popolazione già duramente scossa e molti danni al patrimonio abitativo. Tre scosse molto forti furono avvertite il 6 marzo ed altre due, di circa dieci secondi, il giorno dopo a Lagonegro. Nei giorni successivi altre scosse furono avvertite a Tramutola, Montemurro ed a Salerno.

Le foto sono tratte dal “Viaggio nelle aree del terremoto del 16 dicembre 1857 “- a cura di Graziano Ferrari. I volumi furono stampati grazie al contributo dell’Assessorato all’Ambiente della Provincia di Salerno, allora retto da Angelo Paladino.

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