Di Giuseppe Geppino D’Amico
Vallopiù ha anticipato lunedì la notizia che il prof. Francesco Marone, Ordinario di Diritto Costituzionale e di Giustizia Costituzionale dell’Università Suor Orsola Benincasa, in affiancamento all’Avvocatura regionale, ha notificato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri il ricorso della Regione Campania con il quale si chiede alla Corte Costituzionale di dichiarare l’illegittimità costituzionale della legge Calderoli sull’autonomia differenziata (L. n. 86 del 2024). Ben quindici i motivi inseriti nel ricorso sui quali la Consulta è chiamata a pronunciarsi e si riferiscono sia al procedimento delineato dalla legge Calderoli per la sottoscrizione delle intese con le singole Regioni, sia ai contenuti e agli effetti delle stesse intese e ai presupposti per l’attribuzione di forme di autonomia più ampie, connessi alla determinazione dei Lep. Per i sottoscrittori del ricorso la legge consente una devoluzione di competenze alle Regioni così ampia ed incontrollata, anche in materie riguardanti diritti fondamentali e servizi di civiltà -come la sanità, la scuola pubblica, la previdenza integrativa, la protezione civile- da minare la stessa sovranità dello Stato e rompere l’unità nazionale e l’eguaglianza dei cittadini delle diverse aree del Paese. Come è noto, il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, è stato il primo ad esprimere contrarietà alla legge Calderoli al punto di organizzare una marcia su Roma seguito da centinaia di sindaci della Campania e da migliaia di cittadini. Sull’argomento abbiamo intervistato il presidente della Commissione Bilancio della Regione Campania, Franco Picarone.
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Salvini – Vescovi, è scontro aperto sull’Autonomia Differenziata
In questa battaglia la Regione Campania non è sola in quanto anche altre regioni hanno già proposto analogo ricorso alla Consulta. C’è da dire, però, che crescono di giorno in giorno aumentano le proteste sia da parte da parte dei partiti di opposizione (tranne Azione di Calenda), sia da parte delle organizzazioni sindacali della CGIL e UIL (la Cisl non ha aderito). È stato raggiunto e superato il numero delle firme necessarie per chiedere l’intervento della Consulta: il limite richiesto delle 500.000 firme è già stato superato solo con la raccolta online. Mancano all’appello le firme raccolte tra i banchetti allestiti un po’ dovunque (si parla di diverse centinaia di migliaia) per cui i promotori intendono proseguire la raccolta per arrivare al milione di firme in modo a lanciare un messaggio chiaro al Governo.
Contestualmente alla raccolta crescono anche le prese di posizione del mondo universitario e di autorevoli esponenti della Magistratura. Per il vicepresidente Emerito della Corte Costituzionale, professor Paolo Maddalena, la legge costituisce “un enorme pericolo per l’unità giuridica e economica dell’Italia”. E ancora: “Il ruolo del Parlamento, unico garante dell’unità nazionale e dell’interesse generale, è del tutto svilito, in favore del Presidente del Consiglio dei Ministri, al quale viene affidato in esclusiva il potere di limitare l’oggetto delle intese, in contrasto con le norme costituzionali, che espressamente subordinano l’ autonomia differenziata all’attuazione delle misure perequative previste per il superamento dei divari territoriali e al concreto finanziamento e attuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni. La legge contiene mere affermazioni di principio sulla determinazione dei Lep, come confermato dalla espressa previsione di invarianza finanziaria”.
Sulla vicenda è intervenuta ancora una volta la Chiesa che fin dall’inizio ha espresso la propria contrarietà. Dopo le precedenti dichiarazioni del presidente nazionale della Conferenza Italiana (CEI), Card. Matteo Maria Zuppi, è intervenuto il suo vice, Mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Ionio con una intervista rilasciata a Repubblica e ripresa da numerosi quotidiani nazionali. Per il prelato “il Sud ha capito che la riforma sull’Autonomia differenziata è un cavallo di Troia per creare due Italie: una prospera, l’altra abbandonata a se stessa”. E questo spiegherebbe i motivi per cui nel Meridione si sta firmando in massa per il referendum. Applicando la legge, ha aggiunto Mons. Savino, “non solo avremo tante Italie quante le Regioni, ma si rischia pure un Far West tra quelle povere in quanto le poche risorse, e l’arbitrarietà con cui saranno assegnate, innescheranno gelosie e quindi conflittualità. Il fatto che non si è voluto fissare il criterio di determinazione dei Lep non lascia immaginare nulla di buono”. Al vicepresidente della Cei hanno risposto prima Luca Zaia e poi Matteo Salvini. Il governatore leghista della Regione Veneto si è detto “sorpreso e rammaricato; sono dichiarazioni basate su una lettura fuorviante e fortemente di parte. Quanto affermato da Savino non corrisponde al vero: non vi sarà alcun Far West. È importante capire se si tratta di un’opinione isolata o di una posizione ufficiale della Cei. Siamo abituati a una Chiesa che indica la via, che rispettiamo, ma questa volta la direzione è sbagliata”.

Dopo Zaia è intervenuto anche il leader della Carroccio, Matteo Salvini che sui social ha scritto un post sui social chiamando alla conta i suoi seguaci: “I vescovi italiani (tutti?) sparano a zero contro l’Autonomia, approvata in Parlamento e riconosciuta in Costituzione. Con tutto il rispetto, non sono assolutamente d’accordo: l’Autonomia porterà efficienza, modernità, più servizi ai cittadini e meno sprechi. Voi che ne pensate?”.
Un fatto è certo: se le firme necessarie sono raccolte in poco tempo un motivo ci sarà. Così come un motivo ci sarà pure se ogni giorno aumentano le perplessità anche tra autorevoli esponenti del Centrodestra.