Di Giuseppe Geppino D’Amico – Foto di Gianluigi Casella
Tempo di bilanci per “Lu bannita Tittariello”, la manifestazione che si è svolta nei giorni scorsi a Sant’Arsenio. La XXIII edizione è stata caratterizzata da importanti novità che, come spesso avviene, sono state oggetto di dibattito in paese. Sulle novità introdotte quest’anno nella manifestazione abbiamo intervistato il direttore artistico, Nico Piccolo.
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Le novità erano state illustrate dal sindaco di Sant’Arsenio, Donato Pica, dal presidente della Pro Loco, Mario Marmo e dal direttore artistico, Nico Piccolo, nel corso di una conferenza stampa svoltasi nell’aula consiliare. In pratica, Tittariello è stato riportato al ‘600, nel suo periodo storico, quando i banditi spesso erano al servizio dei nobili e dell’aristocrazia in danno della povera gente. E Tittariello, nato a Sant’Arsenio nel 1611, non era un Robin Hood. L’idea, quindi, era quella di approfondire la vicenda e la storia di Tittariello tra realtà e mito. Tittariello aveva con sé ben 300 uomini la cui attività interessò tutti i territori circostanti tanto da arrivare ben oltre il Vallo di Diano al punto che il Governatore di Principato Citra decise di guidare personalmente le truppe regie nella campagna contro il brigante. Soldati italiani e due compagnie spagnole invasero Sant’Arsenio reprimendo nel sangue ogni forma di resistenza. I soldati del Governatore incalzarono in modo inesorabile il Tittariello che dopo una tenace resistenza e con il continuo e serrato invio di truppe di soldati fu costretto ad allontanarsi sempre più dalla zona di Sant’Arsenio e Polla preferendo continuare la sua lotta nel vicino Cilento aggregandosi alla banda del famigerato Marco Gargano. Il brigante però, lontano dalla sua terra e dall’ambiente in cui era abituato a muoversi, privo della famosa banda che lo aveva reso celebre, non si rese più protagonista di imprese eclatanti e incerta rimane la fine di uno dei protagonisti delle prime forme di brigantaggio nell’Italia Meridionale.
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Sulla vicenda è intervenuto con un lungo post sui social anche Giuseppe Aromando, uno dei primi organizzatori della manifestazione e nel 2002 promotore insieme a Franco Flora (all’epoca presidente della Pro Loco) ed altri amici del volumetto di Antonio Capano de “Il Vallo di Diano, Sant’Arsenio e il bandito Tittariello nella crisi socioeconomica del Seicento” (Pro Loco Sant’Arsenio, Lagonegro 2002). “Una edizione quella di quest’ anno del bannita Gio: Battista Verricella, detto Tittariello, rinnovata sicuramente con un ritorno alle origini seicentesche sia per l’interpretazione scenica sia per la grafica. È stata ripresa, confidiamo in una riappropriazione dell’immagine del bannita pubblicato nel 2002 come seconda di copertina al libro. Si è abbandonata, speriamo, l’immagine ottocentesca del brigante. Tittariello è nato nel 1611; è santarsenese doc e nel 1648 ha tenuto testa a viceré, marchesi e baroni portando all’ attenzione del regno a Napoli Sant’Arsiero e non solo. Ha seguito le orme di Tommaso Aiello detto Masaniello (autore a Napoli della rivolta del 1647 che pagò con la vita) e ne ha fatto proprie le gesta. Un personaggio non propriamente affidabile né da imitare ma certamente unico nel vasto panorama storico e delle rappresentazioni che si susseguono sia a livello locale sia nel territorio regionale. Titta, se vogliamo è uno sgherro perché molto spesso egli era al soldo del barone Calà, che non lesinava di usarlo per le sue reiterate angherie e malefatte. Minacce e taglieggiamenti, sequestri e uccisioni…il barone era il mandante e Titta l’esecutore. Di certo la situazione storica di Milano e della Lombardia manzoniana non è molto diversa dalla nostra realtà seicentesca anche perché ambedue le realtà erano governate dalla Spagna con dei Viceré. Sicuramente, gesta ed episodi possono succedersi e riproporsi… perché no. Del resto il dato storico resta immutato e la sceneggiatura può essere di volta in volta aggiornata ai fini scenici e rappresentativi. Per il racconto del brigantaggio postunitario sicuramente non mancheranno modi e tempi di raccontarlo… così come non mancheranno tempi e modi per narrare il decennio francese nelle nostre contrade. Ma questa è altra storia, altro tempo e la banda Pecora-Di Donato sicuramente avrà contribuito al subbuglio e al disordine nel regno sabaudo ma non in modo così determinante ed incisivo come Tittariello. Lodi e plausi a quanti negli anni precedenti hanno magistralmente interpretato il bannita. Da ideatore della manifestazione nel 2000 posso garantire che la bella, buona e schietta persona di Agostino Coiro era ben consapevole della figura di Titta seicentesco. Ma allora si ipotizzò ai soli fini pubblicitari il brand “Brigante” ma già nel 2002, si pose una pietra miliare su tutto quanto riguardasse la figura di Titta, le sue origini, il tempo, la storia ed altro ancora”.

Per quanto riguarda la rappresentazione scenica di quest’anno vanno evidenziate le buone le performance dei figuranti dai banniti a Titta (ottimamente interpretato da Cono Cimino), dal barone alla bella baronessa, dalla spasimante di Titta a Fulumena li quatto vienti. Monache, munacuni e frattocchioni, vescovo e povera gente. E che dire dei surdati senza paura …E poi, ancora, gli alfieri e i trombonieri, senza dimenticare gli esausti, ma pur cortesi cucinieri e cassieri…ed infine, lui, il gran cerimoniere: messere narratore di codeste gesta, Nicola Piccolo.
Archiviata l’edizione 2024 della manifestazione resta in piedi un interrogativo che attende risposta: Tittariello, vissuto nel XVII secolo, ritornerà nel brigantaggio postunitario del XIX secolo? Alla Pro Loco l’ardua sentenza.
Un brigante(Giovanbattista Verricella), al soldo dei feudatari. Il Masaniello del Vallo di Diano, una marionetta manovrata da feudatari con poca coscienza e molta arroganza. Giovanbattista Verricella (Tittariello) uno dei malviventi più pericolosi dell’epoca, fece testa ai gendarmi venuti da lontano, li decimo’ in località Pozzo di Polla e li finì dopo averli inseguiti fino alla località Santantuono che era distante circa 10 chilometri dalla località precedente. Tittariello taglio’ la testa a due gendarmi Polles che, appartenevano ai Villano di Polla e la impilo’ su altrettanti pali all’incrocio che porta a San Pietro di Polla, nella Via Popilia, attuale strada Statale 19 di
Delle cCalabrie. Tittariello era un uomo feroce che non provava pietà per nessuno, ancora di più lo erano i feudatari che si succedevano in questa valle che, all’epoca era un acquitriniomalsano…un acquitrinio che, proprio in quell’epoca e negli anni successivi( vedi storia della peste del 1656) decimo’ centinaia di persone in tutti i paesi del Vallo. La bonifica del Vallo di Diano l’avevano cominciata i Romani che tagliarono la montagna nei pressi della località Tempio a Polla, la tagliarono per far defluire l’acqua verso
Nord Ovest…acqua che si perdeva nelle gola naturale oltre Polla e scendeva verso Pertosa ed Auletta. Successivamente i Sanseverino, fecero tagliare tutti gli alberi di Pioppo che avevano invaso la nostra Pianura. L’opera definitiva fu terminata da Mussolini che bonifico’ diverse aree d’Italia, compreso il Vallo di Diano…li bonifco’ per dare la terra ai braccianti affinché producessero materia prima, anche per allevare gli animali. Un grande razziatore, un uomo poco intelligente, ma forte e sprezzante del pericolo fa parte, nel bene e nel male della storia del nostro amato ,Vallo di Diano.