di Enzo Mattina

Ci siamo! L’8 e il 9 di giugno, in 27 Paesi del vecchio Continente, si voterà per il rinnovo del Parlamento europeo. Dal 1979, ogni 5 anni gli elettori e le elettrici dei Paesi che compongono l’Unione Europea vanno alle urne per eleggere i loro o le loro rappresentanti.
È incontestabile che siamo al cospetto di una scadenza che ha una sua storia e non si comprende come sia possibile che più o meno tutte le forze politiche italiane l’affrontino quasi come fosse la prima volta e non la 9°; per sovrammercato, riempiono lo scontro di un’esorbitante esibizione delle leadership a sostegno di parole d’ordine tutte rivolte all’esaltazione del sovranismo, versione presuntamente innocente del nazionalismo.
Come definire le parole d’ordine che sporcano le fiancate e il retro dei pullman urbani con i faccioni di Meloni e Salvini? ognuno accompagnato di volta in volta dalla promessa della “DIFESA DELLA CASA E DELLE AUTO DEGLI ITALIANI”, dall’impegno “A CAMBIARE L’EUROPA PRIMA CHE LEI CAMBI NOI”, dall’affermazione perentoria “PIÙ ITALIA, MENO EUROPA”. E non è detto che quel sant’uomo di Salvini non ci riservi il coup de théâtre di comizi dell’ultimi giorni con tanto di rosario nelle mani e invocante la benevolenza della Madonna, una sceneggiata recitata per i gonzi nel 2019 a Milano, che Famiglia cristiana, il 20 maggio dello stesso anno, stroncò con: «Il Rosario brandito da Salvini e i fischi della folla a papa Francesco, ecco il sovranismo feticista».
A fronte di cotanta elaborazione filosofica/politica, il PD ci risparmia la faccia della Schlein su manifesti e santini, ma lancia uno slogan che è un programma aperto: “PER L’EUROPA CHE VOGLIAMO”, che gli attivisti, benedetti dallo sguardo di Enrico Berlinguer, immortalato sulle tessere del PD del 2024 in uno con l’ordine “casa per casa, strada per strada”, costruiranno sul campo a suffragio dei bisogni e dei desideri più disparati e disperati.
In questa situazione di sconfortante pochezza elaborativa, l’unico messaggio chiaro è quello della lista di coalizione STATI UNITI D’EUROPA, che comprende il PSI, il Partito radicale, Italia viva, perché assume il messaggio del Manifesto di Ventotene e il testo di Costituzione, rimasto dormiente dal 2005, come i riferimenti per ritagliare al vecchio Continente una soggettività giuridica e politica indispensabile per far fronte alle tante transizioni in atto o annunciate.
La scadenza di giugno non la si può vivere resuscitando un corporativismo nazionalista, perché, se così fosse, nell’arco di poco i cosiddetti cavoli propri dell’uno entrerebbero in conflitto con quelli degli altri 26 soggetti seduti al tavolo dell’Europa di oggi, si renderebbe improbabile qualsiasi altro allargamento e si accantonerebbe l’adozione di una difesa comune, incoraggiando la politica di potenza della Russia, che, una volta messa fuori gioco l’Ucraina, darebbe vita di sicuro a “operazioni speciali” ai danni dei paesi baltici già nella UE e forse anche di quelli dalmati in attesa di entrarvi.
Alla luce di queste considerazioni, il voto dell’8 e 9 giugno non può essere una scelta casuale, non può ridursi all’accettazione a occhi bendati della propaganda dell’attuale governo nazionale che ogni giorno ci spiega che, per suo merito, il nostro è il migliore dei mondi possibili.
Forse sarebbe utile che i nostri governanti si rendessero conto che, nell’arco di poco tempo, la nostra bella Italia si troverebbe isolata, forse aggregata ai cultori della democrazia illiberale, con la perdita di ogni influenza sulle scelte che l’Europa che c’è farebbe quasi di sicuro, sfruttando altre possibilità che ci sono nei trattati, quali le cooperazioni rafforzate.
Per tutti questi motivi, avendo avuto ruoli sociali e politici, avverto il dovere di render pubblica la mia scelta elettorale.
Voterò nel collegio del Sud e di sicuro il mio segno di croce sarà su STATI UNITI D’EUROPA, con preferenze per il capolista Enzo Maraio, per i candidati Teresa Bellanova e Antonio Rubino.