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Casalbuono, la metamorfosi artistica di Angelo “Coel” Barone

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Dai pennelli alla penna. Si può sintetizzare così la metamorfosi artistica di Angelo Barone, in arte Coel. Una metamorfosi forzata, dovuta ad un grave problema visivo che, suo malgrado, lo ha costretto” a mettere da parte tavolozze, tele e pennelli ma che non lo ha abbattuto.

Al contrario, non si è lasciato andare; ha trovato il coraggio di accettare il nuovo status fisico e, non potendo più operare con le mani e con gli occhi, ha cercato, riuscendovi, di sopperirvi utilizzando altre forme di espressioni artistiche che lo hanno portato a vivere un tempo non più di operosità ma di riflessione sulle problematiche personali e della società che lo circonda.

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Nato a Casalbuono, estremo lembo della provincia di Salerno, Angelo Barone si è dedicato alla ricerca pittorica fin da giovanissimo, esponendo i suoi lavori in mostre personali e collettive allestite, tra le altre, in Piemonte dove ha vissuto molti anni della gioventù, alle Gallerie Floriana, Il Soqquadro e L’Esagono (Provincia di Biella); a Villa Marazza (Provincia di Novara); alla Certosa di Padula (Salerno); al  Museo Macro e alle Sale del Bramante in piazza del Popolo a Roma; alla Galleria Centro Storico in piazza Santa Maria Novella (Firenze); alla mostra italo giapponese a Gubbio 2014. Sue opere sono esposte nella sede della BCC Monte Pruno a Sant’Arsenio.

Ha ottenuto il primo premio della “Biennale d’Arte Internazionale di Roma 2012”; è stato insignito del “Premio d’Arte Contemporanea ‘Adrenalina’ 2013”, si è classificato terzo alla Biennale di Arezzo 2014 ed è stato nominato “Personaggio dell’anno 2014” nell’ambito della mostra collettiva “Personaggi in primo piano” organizzata dalla Galleria Centro Storico di Firenze.

Della sua pittura si sono occupati con recensioni e presentazioni scrittori e critici di chiara fama tra i quali Bruno Pozzato, il pittore e critico d’arte Gilberto Carpo, il disegnatore e scenografo Antonio Petti, lo storico dell’arte Luigina Furlan.

Sono numerose le testate giornalistiche nazionali e locali ad avere recensito le sue opere che sono esposte in numerose ed importanti collezioni pubbliche e private.

Per Aldo D’Angiò, musicista e suo concittadino che come Barone ha lasciato la grande città per ritornare nel paese di origine, “il percorso artistico di Angelo Barone nel suo svilupparsi è andato connotandosi sempre più come una sorta di ‘archeologia dell’immaginario’, ossia un progressivo addentrarsi nel profondo della propria esperienza e delle forme immaginifiche interiori che essa ha generato nel tempo, per farne emergere delle occorrenze significative. 

È una vera e propria opera di scavo nell’interiorità alla ricerca di ‘reperti’ della storia personale e al contempo della vicenda umana tout-court. L’interiorità in cui ci si immerge non è però vaga e impalpabile ma è un sentire generato dall’incontro con la materia e da essa contaminato e, a sua volta, la materia appare segnata e trasfigurata dalla relazione profonda col sentire umano”. 

Dopo 40 anni dedicati alla pittura Angelo “Coel” Barone, a causa dei problemi visivi, si è indirizzato verso la scrittura per chiudere il cerchio dei suoi pensieri di uomo e di artista.

Proprio partendo da una situazione di negatività ha iniziato a riflettere su se stesso, sul percorso della vita e sulla evoluzione della società mettendo in risalto dati positivi senza tralasciare quelli negativi non disdegnando l’uso dell’ironia.

In pochi mesi ha dato alle stampe due libri “Pensieri in divieto di sosta” e “Ritratto di un folle”, inseriti in una collana che ha definito “Dalla penna di Coel”.

 

Per Agnese Valva, autrice della prefazione al libro “Ritratto di un folle” “gli occhi, lo sguardo, sono tutto: sono luce, colori, paesaggi, figure, famiglia, affetti, ma…sono anche dolore, paura, dispiacere, mancanza, veleno…Questa metamorfosi da pittore a scrittore, da tela e pennelli, a fogli e penna, è il suo capolavoro, in cui entrambi, il pittore e lo scrittore si ri-conoscono, si con-frontano, si ri-specchiano, si i-dentificano”.

Con queste pubblicazioni Coel evidenzia la sua nuova condizione di semi-oscurità di uomo che sopporta le difficoltà e i dolori della vita come la ginestra del Leopardi che si piega ma non si spezza.

Nei suoi libri Coel passa in rassegna la sua vita nella quale la nota più ricorrente è il rimpianto di non poter più dare vita alle sue opere pittoriche (“Quanto mi mancano quegli stracci impregnati di acqua e la puzza dei colori”). E così, nostalgicamente, nella nebbia del presente intravede quel bambino biondo che correva incontro ai colori della vita e quel giovane che sognava “ali colorate e tasche piene di speranza”. E ancora, il ricordo sfocato del fratello lontano che faceva sentire “l’uno figlio unico e l’altro orfano” e quello struggente del padre vissuto costantemente “in una sfumatura di grigio senza aver mai conosciuto la bellezza dei colori”.

Affiorano, inoltre, delicate immagini di “ragazze in fiore” che facevano battere il suo cuore di ragazzo.

Oggi Coel continua la sua vita senza nascondere il suo status, anzi traendo da esso nuova ed inaspettata linfa ben cosciente di essere “una nuvola di passaggio e, come tutte le nuvole, si dissolvono nel nulla”.

Tutto questo cede il passo ad un presente disincanto nel quale l’artista sente che “il sole sta calando… i suoi raggi emanano l’ultimo tepore; la mia ombra si allunga…il tramonto si avvicina”.

È il suo inverno e sta per consegnare il testimone alle nuove primavere, ai suoi nipoti che in casa Coel potranno vedere le loro radici con colori diversi. Vede “ormai con gli occhi dell’anima” ma non dimentica i suoi trascorsi e le tele custodite nel suo atelier che attendono una sistemazione definitiva.

Ci sarà qualcuno che vorrà occuparsene?

TUTTE LE INFO SULL’ARTE DI ANGELO “COEL” BARONE SONO DISPONIBILI SUL SITO LA CASA DI COEL

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