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Una lacrima si fece lava al sole rovente della sera (seconda parte)

di Dino Collazzo*

Pubblichiamo la seconda parte dell’estratto dal libro di Dino Collazzo Non era tutto da rifare – Storie da un paese del Sud negli anni della grande illusione, Et cetera Libri.

Già alle elezioni politiche per la Camera dei Deputati del 25 e 26 maggio 1958 il dissenso interno allo schieramento di sinistra aveva segnato il crollo del PCI, passato a 818 voti rispetto ai 1135 del ’53, mentre la DC aveva incrementato i consensi da 693 a 863. (103)

La vittoria democristiana provocò il commento entusiasta di Emilio Colombo, all’epoca ministro dell’Agricoltura e Foreste nel governo Zoli104, che in un telegramma inviato alla segreteria della sezione locale scrisse: Vittoria conseguita da forze democristiane contro comunisti riempiemi animo profonda gioia. Compiacciomi vivamente con eletti, dirigenti ed iscritti tutti ed auspicando a vittoria elettorale consegua intensa efficace concorde azione amministrativa.

Gli auspici del ministro Colombo erano però lontani dal realizzarsi.

Già nella prima seduta, per l’elezione della giunta, non tutto filò liscio. Alla fine furono eletti Michele Danza, vice Sindaco, Rocco Vincenzo Bruno (presidente della Mutua della Coldiretti e componente dell’esecutivo provinciale), Pasquale De Luca (capo – cantoniere dell’ANAS) e Giuseppe Torricelli (105).

Nelle sedute successive, emersero i franchi tiratori nella maggioranza, sia per l’elezione dei componenti della Commissione Edilizia, sia quando il Consiglio votò per il Comitato Amministrativo dell’ECA. Sulla scelta dei membri della Commissione dei lavoratori agricoli, i dissensi all’interno della maggioranza dettarono il rinvio della votazione (106). Quando si trattò di nominare l’ingegnere progettista dei lavori di completamento della rete fognaria, fu addirittura designato l’ing. Troccoli, proposto dalla minoranza, contro il nome indicato dal Sindaco (107).

A peggiorare la situazione erano poi intervenute le dimissioni di Michele Danza Sproviero, divenuto incompatibile con la carica giacché nominato veterinario comunale (108).

La maggioranza giunse alle elezioni del ’64 con il fiato corto. Il PCI, che aveva ritrovato l’unità interna, s’impose nettamente, eleggendo sindaco il geometra Francesco Grieco.

In questo clima Bernardi assumeva l’incarico di segretario sezionale. Non solo politica. Il dottore si spese nel comitato organizzatore della festa del Crocifisso, in un’edizione che vide protagonista Nico Fidenco (109), quando la presenza di un artista che calcava le scene nazionali era cosa assai rara e durante il concerto del quale, mi pare di ricordare, fu dato spazio ad una giovane del luogo che sperava di fare strada nel mondo della canzone.

Bernardi calcò persino il terreno di gioco, nella prima memorabile edizione dell’incontro di calcio fra scapoli e ammogliati, difendendo i pali della porta e alternandosi con Nicola Bufano.

La rigida educazione cristiana. Forse fu per via della rigidità, e come reazione a essa, che la sua fede non fu del tutto convenzionale. Si attorcigliava nel dubbio, s’interrogava incessantemente, si confondeva di fronte alla sofferenza che quotidianamente toccava con mano, non si ritraeva di fronte alla tentazione dissacrante, al motteggio sacrilego, alla burla irriverente: Angeli e demoni / han destini uguali; / per tutti gira l’asse obliquo, / lungo le ellissi, / senza indulgere mai (110).

Arrivò ad affermare che l’essenza prima dell’uomo, remota, / emersa da conglomerato organico / indotto a mutazioni genetiche / da energie riemerse, / è qui, un misto d’acqua, /di sali e formule (111).

E tuttavia, rimanendo a suo modo fedele: Al Gesù, non della croce,/al Gesù poeta in Getsemani/(ancora qui in Getsemani/coi discepoli in sonno)/sudato di sangue, deluso,/terribilmente amaro;/al Gesù perdente, così uomo, così somigliante,/ stanco, scandalizzato, arreso (112).

Mio padre rettificava, quando Bernardi si avventurava sulle strade impervie della disputa religiosa, il primo intimamente ortodosso, mai sfiorato dal dubbio, rigidamente osservante, praticante abituale; l’altro, al contrario, problematico, inseguito da interrogativi, insoddisfatto del dogma e della verità di fede, allergico a riti e processioni. Erano due mondi inconciliabili, benché appartenenti alla stessa generazione: l’uno devoto agli insegnamenti ricevuti e incapace di avvertire il brivido dell’insondato; l’altro alla ricerca di una verità altra, frutto di una diversa impostazione, incapace di accettare per definizione.

Bernardi la verità la ricercava anche fra i medicinali impilati che assediavano il tavolo del suo ambulatorio, fra l’incisione di un muscolo e i punti di sutura, fra una siringa e lo sfigmomanometro, o quando per minuti interminabili s’immergeva nel guazzabuglio inestricabile per scovare il farmaco che aveva nella testa per non farti ricorrere al farmacista.

In Piazza San Rocco, che ora si chiama Piazza Paolo Conforti e che allora era un campo pietroso e artigliato dalla polvere, nell’elegante palazzotto preceduto da un giardino che allora era di proprietà di Paolo Mecca, esattore comunale che lo abitava insieme con la moglie e i figli, Bernardi riceveva i suoi assistiti. Superato il portone, a destra c’era l’esattoria, a sinistra l’ambulatorio del medico, accogliente quanto poteva esserlo a quei tempi.

Dei figli di Paolo, ricordo vagamente Mimì, valente magistrato venuto a mancare purtroppo giovanissimo, e soprattutto Anna e Lello. La prima, dinamica e brillante collaboratrice di papà, quando al centro UNLA si tenevano i corsi serali per l’educazione degli adulti che conseguivano la licenza elementare e quella media. Lello, invece, un ragazzone pieno di vita, allegro, buontempone, dalla voce cupa e profonda, lo associo principalmente al gioco del calcio. Col permesso di Bernardi, il punto richiede qualche nota supplementare.

Fino a tempi relativamente recenti, la squadra di calcio locale giocava poche partite l’anno, concentrate d’estate e principalmente legate alla festività del Crocifisso ed a quelle dei Santi venerati nei paesi circostanti. Le automobili erano scarse e persino raggiungere quei paesi era a volte un’impresa, cosicché le squadre che si sfidavano erano poche e sempre le stesse: insieme con quella di Brienza, quelle di Tito e Satriano, specialmente, e quando le cose si volevano fare in grande, Marsico Nuovo, Caggiano, Sant’Angelo le Fratte, Savoia, Atena Lucana.

Alla I coppa Città di Tito (non sono stato in grado di stabilire l’anno) presero parte la compagine locale, Brienza, Caggiano e Satriano. Brienza schierava: Colangelo I (Fiorenzo), Battista II (Rocco), Colangelo II (Antonio), Paternoster (Gaetano), Mancuso, Carbone (Antonio) , Battista I (Nino), Ferrigno, De Luca (Michelino), Distefano, Calligaris. Nell’incontro che la vide contrapposta a Satriano, s’impose con il risultato di 4 a 2, con le reti di Michelino De Luca (2), Di Stefano e Calligaris, e di Origlia (2) per gli avversari. I locali hanno colpito ben due traverse e fallito buone occasioni per aumentare il bottino. Gli ospiti hanno cercato di fronteggiare la squadra locale, ma non hanno potuto fare altro soprattutto per la buona vena di Distefano che, insieme a Calligaris, autore quest’ultimo di un magnifico gol, ha orchestrato a meraviglia mettendo scompiglio fra la retroguardia ospite. Buona anche la prova del capitano De Luca e del reparto difensivo che, con Carbone e Mancuso, ha fermato con sicurezza le incursioni avversarie (113). La squadra si avvaleva del rinforzo di tre calciatori provenienti dal capoluogo (Mancuso, Distefano e Calligaris) che erano stati ingaggiati da Bartolo Romaniello, che all’epoca viveva a pensione presso l’abitazione di Cataldo Ferrarese a Sant’Antonio.

In una delle edizioni della Coppa Valle del Melandro, l’8 settembre forse del ’68, la squadra locale superava il Satriano per 2 reti a 1, con realizzazioni di Michelino De Luca e di Lello Mecca. Colangelo ha dovuto sfoderare magnifici interventi in varie occasioni con la protezione di un libero eccezionale e tempestivo. Era il leggendario portiere Fiorenzo Colangelo, considerato lo Yashin locale per l’eleganza dei movimenti e i tuffi plastici portentosi. In quell’incontro, si notò l’assenza del bravo Memoli (114): si trattava di Giovanni Memoli, il migliore talento della storia del calcio locale che esordì giovanissimo mostrando tutto il suo valore, tiro potente e chirurgico, velocità, dribbling secco, presenza d’area, visione di gioco. Giovanni militò in varie squadre di serie superiore e fu notato dal Foggia di Tommaso Maestrelli, che nella stagione ’70/’71 si accingeva a disputare il campionato nella massima serie. Con la squadra dauna svolse il ritiro precampionato a Padula, insieme con elementi del calibro di Bigon, Re Cecconi, Montefusco e Saltutti, per poi essere estromesso. Giovanni racconta che, durante il ritiro, ogni fine settimana fuggiva per raggiungere Brienza e che proprio l’impossibilità di recidere il cordone ombelicale con il paese natio fu all’origine della scelta di non proseguire in quella che sarebbe senz’altro stata una carriera sportiva di prim’ordine. Pochi anni dopo, lo ricordo impegnato in una partita amichevole che la squadra di Sala Consilina disputò contro il Napoli: impegnò allo spasimo l’arcigno Bruscolotti.

Nei primi anni Settanta la squadra locale era composta dal portiere Fiorenzo Colangelo, Vincenzo Macchia e Giovanni Lopardo terzini, Nicola D’Elia libero, Peppino Palladino stopper, a centrocampo Mimì Romano, Lello Mecca, Luigi Leone e Nicola Loisi, in attacco Giovanni Memoli e Mario Lorenzino. Lello fu protagonista della vittoria conseguita nella coppa Tito contro il Picerno, con un gol a pochi minuti dalla fine del match, quando su cross dalla destra irrompeva la mezzala che insaccava prepotentemente.

Voi direte: Puah! poca cosa. E invece dopo la partita, un carosello di macchine di rientro a Brienza ha festeggiato la vittoria per le vie del paese (115).

2 – Continua

Il titolo è un verso tratto dalla lirica Una lacrima di Matteo Bernardi, Tempo supplementare – Poesie e aforismi, Spring edizioni Caserta, 2001.

  • Sono nato nel ’62, l’anno della morte di Marilyn, del primo singolo dei Beatles, del Concilio Vaticano II, della crisi missilistica di Cuba e del primo numero di Diabolik. Ho compiuto studi classici e poi giuridici. Ho vissuto, per fortuna o maledizione, in pratica sempre a Brienza, borgo superbo e allo stesso tempo detestabile di Basilicata. Scrivere mi aiuta a vivere (ma non materialmente). Ho pubblicato “L’Inferno, la Chiesa cattolica e i bambini. Il caso Irlanda”, “Brienza, il sortilegio della memoria” (insieme con mio fratello Mariano e Angelina Carbone), qualche articolo sparso. Amo José Saramago, Antonio Lobo Antunes e gli autori spagnoli e sudamericani (in particolare Atxaga,Cercas, Aramburu, Borges, Vargas Llosae Mutis). Ho scritto questo libro per amore, disperazione e rabbia, perché “un paese ci vuole …ma non è facile starci tranquillo”.

Note

103 – M.D. Collazzo, Sbandamento tra le fila del P.C. nella vecchia roccaforte di Brienza, in Il Mattino, 13 giugno 1958.

104 Le Camere erano state sciolte il 24 marzo per le polemiche seguite al processo al vescovo di Prato, monsignor Pietro Fiordelli, imputato per diffamazione avendo definito “pubblici concubini” due coniugi che si erano sposati con rito civile. Fiordelli non si presentò al processo, non riconoscendo la giurisdizione italiana su materia riguardante il governo spirituale dei fedeli. Il 6 marzo il Senato affrontò la questione dell’ingerenza del Vaticano e il discorso del ministro Fernando Tambroni provocò aspre proteste, con i gruppi democristiano e comunista che
giunsero alle vie di fatto. Emilio Colombo, nel governo Fanfani che si insediò il 2 luglio ’58, fu poi Ministro per il Commercio con l’Estero.

105. M.D. Collazzo, A Brienza, in Il Mattino, senza data.

106. M.D. Collazzo, La prima riunione del Consiglio comunale, in Il Mattino, 23 dicembre 1960.

107. M.D. Collazzo, La seduta del Consiglio Comunale di Brienza, in Il Mattino, 28 settembre 1961.

108 M.D. Collazzo, Importanti deliberazioni adottate dal Consiglio Comunale, in Il Mattino, 21 luglio (anno non reperibile).

109 Nico Fidenco, pseudonimo di Domenico Colarossi (Roma, 24 gennaio 1933), è stato un cantautore e compositore italiano, che conobbe grande popolarità dal 1960, anno di incisione di What a sky (in italiano Su nel cielo) e poi con Con te sulla spiaggia e Legata a un granello di sabbia.

110. Da Tu es Petrus, in Il tempo e le rughe.

111. Da Uomo = DNA, in Il tempo e le rughe.

112. Da All’amico Gesù, poeta in Getsemani, in Il tempo e le rughe.

113. M.D. Collazzo, Successo del Brienza in una gara valida per la Coppa “Città di Tito”, in Il Mattino, 25 agosto (anno non reperibile).

114 M.D. Collazzo, Exploit del Brienza nel “Valle del Melandro”, in Il Mattino, 9 settembre (anno non reperibile).

Immagini

Le foto sono tratte dal libro di Antonio Parente “Brienza 1850-1950 Memorie in bianco e nero”, più una foto dall’archivio di A. Pepe.

Di seguito la prima parte dell’estratto per chi non l’avesse letta.

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