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A Padula al Circolo Carlo Alberto 1886 “Cronaca di una Apocalisse” di Mario Salvatore Senatore

di Giuseppe D’Amico

Ritorno a Padula con versi e la “Cronaca di una Apocalisse” per Mario Salvatore Senatore che nella citta della Certosa, ospite del Circolo Sociale Carlo Alberto 1886, ha presentato la sua ultima “creatura”. Compagni di viaggio del poeta padulese sono stati la presidente del Circolo, Rosanna Bove Ferrigno; il giornalista Lorenzo Peluso; il vice sindaco di Padula, Caterina Di Bianco; il vice presidente della Provincia di Salerno, Giovanni Guzzo; il critico letterario e docente emerito di letteratura presso l’Università Federico II di Napoli, prof. Francesco d’Episcopo.

Tra le pubblicazioni di Mario Senatore, poeta di lungo corso e di notevole successo, ricordiamo “Gocce di Cielo”, “Realtà del Sogno”, “Viaggio a Tursi”, “Fermenti di Vita e Poesia – Livio Nargi e Castelvetere sul Calore”, oltre a numerosi racconti su argomenti vari. Inoltre è presente su prestigiose Antologie. È Cavaliere di Malta- Gran Priorato Russo- e Vice-Presidente dell’Associazione dei “Cavalieri di San Giorgio in Carinzia”. Per testimoniare la validità delle sue composizioni è sufficiente ricordare alcuni dei riconoscimenti ottenuti: “Premio S. Giorgio” degli Oscar Europei della Cultura; Medaglia della Camera dei Deputati; Targa “Alfredo Di Marco” per la Cultura; Premio della Cultura del Presidente del Consiglio dei Ministri (2013), senza dimenticare ben quattro titoli accademici. Nel corso della lunga carriera di poeta Senatore è stato variamente definito da colleghi, amici, critici letterari e lettori: “poeta della vita”, “poeta gentiluomo”, “speleologo dell’anima”. Giudizi certamente condivisibili ma, dopo la lettura della “Cronaca di una Apocalisse” mi permetto di aggiungere “poeta del sociale” per le tematiche affrontate che si riferiscono agli ultimi due anni nel corso dei quali abbiamo dovuto fare i conti prima con la pandemia derivante dal Covid 19 e dal febbraio scorso con le drammatiche vicende derivanti dall’invasione dell’Ucraina e con le terribili conseguenze che ne stanno derivando per il mondo intero.

In questo volume troviamo un Autore diverso rispetto a quello conosciuto in precedenza proprio perché, accanto ai versi che nel corso deli anni gli hanno dato una fama sempre crescente come poeta, ci offre brani di cronaca, frutto di un vissuto che francamente nessuno pensava di dovere o poter vivere. Il racconto di quanto avvenuto negli ultimi due anni è puntuale e denso di contenuti non privi di analisi ed elementi di accusa per certe disfunzioni organizzative che certamente non sono mancate e che hanno provocato non pochi problemi alla popolazione.  

L’aspetto sociale del volume è al centro della prefazione del Francesco il quale, dopo avere definito Senatore un “sognatore e fustigatore”, analizzando gli avvenimenti degli ultimi anni, evidenzia l’incapacità organizzativa di cui parla anche l’Autore: “l’Italia, l’Europa, il mondo intero non sono affatto uniti e ciascuna realtà prova ad adottare sistemi diversi dagli altri, che non sempre si rivelano concreti ed efficaci” per cui è lecito chiedersi cosa possa fare un poeta, esposto come tutti alla volontà degli altri? Per D’Episcopo può e deve “continuare a coltivare rabbia e amore per la vita, degli esseri umani, che ad essi sono stati ingiustamente sottratti. La rabbia è per tutto ciò che ogni giorno accade, per gli altalenanti contagi, i limitati tamponi, le troppe morti…Per Senatore allora non resta che sognare, il mestiere più autentico di un poeta, ricordare i giorni belli e felici, sperare fermamente che questo tsunami arresti un giorno la sua corsa, risparmiando vite uniche e preziose”. Nel libro, quindi, è ben presente la speranza “vivere il tempo quale sublime intervento di Dio”) che l’Autore coltiva con grande passione. Non a caso nella premessa, “Io penso”, scrive: “L’uomo è quello che mangia, legge, scrive, vede, ascolta…Io spero che ciascuno di noi da oggi sia diverso: più saggio e meno egoista e superficiale e quindi che pensi, dica, scriva cose miranti ad un mondo più umano, collaborativo, contenuto, equilibrato e misurato. Ne va della sopravvivenza dell’umanità”. L’auspicio è certamente condivisibile; fa leva sull’ottimismo anche se non nasconde preoccupazioni sul futuro quando aggiunge: “Non so se la prossima primavera ci sarò ancora ad attenderla ed a poterla godere. Al momento mi sento derubato di un grande dono, per insipienza e cecità universale”.

Le parole di Mario Senatore pongono un interrogativo: rappresentano l’ottimismo della volontà o quello della ragione? Alla luce del difficile periodo che stiamo attraversando, l’auspicio è che il suo sia l’ottimismo della ragione. Utile per metterci alle spalle le tragedie che stanno affliggendo il mondo intero.

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